NUOVE TECNOLOGIE: QUALE APPROCCIO DEI RAGAZZI E QUALE RUOLO DEGLI ADULTI? Parte 2

Ciao a tutti,

oggi riprendo e concludo l’articolo della scorsa settimana sull’utilizzo delle nuove tecnologie dopo la mia esperienza negli istituti scolastici lo scorso anno. Avevo concluso il mio precedente post raccontandovi di quanto i ragazzi siano abili nel comprendere il funzionamento dei sistemi digitali mentre per parte mia ho potuto mettere in campo competenze di altro tipo. Da ciò l’idea di una collaborazione tra adulti e ragazzi quando si interagisce con questi strumenti.

Questa idea mi è venuta anche perché mi sono resa conto che il modo in cui gli alunni approcciavano ai diversi device appariva del tutto inconsapevole e facile al condizionamento.  Per usare una similitudine, immaginate che il web sia una giungla e che i ragazzi siano dei dispersi senza alcun strumento di sopravvivenza.

Per fare degli esempi: 1) la maggior parte di loro non si rende assolutamente conto di quanto tempo passa connesso perché viene risucchiato da un vortice di messaggi, notifiche, video e così via;

2) sono talmente assuefatti al piacere che provocano questi strumenti da non riuscire più a staccarsene o farne a meno;

3) il mondo virtuale è talmente compenetrato nel mondo reale che finiscono con l’essere continuamente distratti e influenzati da ciò che succede nel mondo virtuale, creando una sorta di interferenza continua;

4) difficilmente riescono a distinguere ciò che vero da ciò che non lo è, tutto diventa assolutamente credibile solo perché online e ripetuto in maniera ridondante.

Questi sono alcuni esempi di quello che accade ai ragazzi quando sono connessi. Li definirei “disarmati” perché mancano di competenze importanti e utili per approcciare nel modo corretto al mondo virtuale: parlo della capacità di darsi delle regole di comportamento, parlo della capacità di discriminare e scegliere nel mare magnum della rete ciò che è attendibile, utile, interessante e di valore da ciò che non lo è, parlo di pensiero critico. Attenzione però, perché non ne faccio una colpa ai ragazzi se non possiedono o non hanno ancora sviluppato queste capacità e competenze. Il fatto è che serve un certo grado di maturità per averle e semplicemente loro ancora non ce l’hanno perché stanno crescendo, sono in fase di formazione. Sarebbe come chiedere ad un neonato di alzarsi in piedi e fare una corsa. Non è possibile perché non ne ha le capacità.

Si tratta quindi di comprendere che un minore non ha ancora le abilità per gestire gli strumenti tecnologici.

Quale la soluzione allora? Li vietiamo finché non hanno raggiunto la giusta maturità come succede per esempio con la patente di guida?

Assurdo, se non impossibile da realizzare visto che le nuove tecnologie ormai fano parte integrante del nostro quotidiano e indietro non si può tornare. In alternativa allora ritorno alla mia idea di partenza: la collaborazione tra adulti e ragazzi. Finché un minore non ha acquisito le abilità necessarie a gestire in autonomia i dispositivi tecnologici dovremmo essere noi adulti ad accompagnarlo e aiutarlo nel mondo virtuale esattamente come da sempre facciamo nel mondo reale.

Ma è a questo punto che sorge un’altra domanda: “Quanti di voi adulti svolgono davvero questa funzione? Quanti stanno a fianco per osservare, informare, spiegare, aiutare, parlare, sorvegliare, sostenere finché non è arrivato il momento di lasciare andare?”

Posso già rispondere a questa domanda: pochissimi!!!

Cari genitori, insegnanti, educatori etc. etc. a questo punto non mettetevi sulla difensiva per quanto sto dicendo perché questo non è un mio punto di vista ma l’affermazione di almeno un centinaio di ragazzi della scuola secondaria di primo grado a cui ho posto la stessa domanda.

Tranne qualche raro caso, quasi tutti mi hanno risposto che il tempo online lo passano sempre da soli, senza nessun adulto che se ne occupi o stia loro accanto. Se ciò corrisponde al vero e non ho motivo di dubitarne ho un’altra domanda da porvi: “Perché noi adulti non ci stiamo occupando dell’educazione dei minori all’uso delle nuove tecnologie? Oppure perché deleghiamo ad altri tale funzione come ad esempio la scuola? Non ci rendiamo conto neanche noi di quanto e come usano tali strumenti, dei rischi a cui possono andare incontro? Non siamo abbastanza pronti, informati, preparati a svolgere tale compito o è troppo difficile e quindi stiamo rinunciando?”

Qualunque sia il motivo, rinunciare o delegare non mi sembra una buona soluzione o per lo meno la trovo molto rischiosa. Per questo la mia proposta continua ad essere la stessa: “Armiamoci e partiamo” ovvero prepariamoci, informiamoci, studiamo per insegnare, aiutare e stare davvero accanto alle nuove generazioni nell’utilizzo dei dispositivi digitali.

A, Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva, che ha scritto diversi libri sull’argomento, ha detto: “Voi consegnereste a vostro figlio minorenne le chiavi di una Ferrari e gli direste di andare a far un giro?”

Credo che la maggior parte di voi risponderebbe ovviamente di no. Ma allora perché consegnare nelle mani di un minore un dispositivo dalle infinite possibilità senza istruzioni per l’uso e senza la giusta preparazione?

Io nel mio piccolo, ho scelto di svolgere questo compito e fare il possibile per stare a fianco ed aiutare. Ora lascio a voi fare le dovute riflessioni sull’argomento e valutare se e come assolvere al ruolo educativo anche in questo ambito. Se vorrete condividere il vostro pensiero mi farà molto piacere.

A presto e restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela

bambino con smartphone

LA DAD: PUNTI DI FORZA E LIMITI. Parte 1

Salve a tutti,

come promesso, dopo la pausa estiva, torno a pubblicare articoli divulgativi, riflessioni e commenti nell’ambito della psicologia, che spero possano essere di pubblico interesse.

Forse ricorderete che fino a Giugno ho lavorato in un paio di Istituti Comprensivi di Padova e provincia come psicologa scolastica. Uno dei progetti per le classi della scuola secondaria di primo grado che sono stata incaricata di seguire si intitolava “I pericoli della rete”, che però io ho voluto trasformare in “Pro e contro delle nuove tecnologie”. Lungi da me infatti era l’intento di demonizzare le nuove tecnologie visto che mai come in questi ultimi due anni ci sono state così utili.

Nello stesso periodo in cui mi accingevo ad affrontare questo argomento in classe, per una singolare coincidenza, è arrivato un periodo di lock down e l’obbligo anche per me di utilizzare la dad.

Ripensando quindi a come presentare gli argomenti che volevo trattare e a come interagire con gli alunni attraverso il pc, ho subito capito che avrei dovuto buttare nel cestino metodi e strumenti per me consueti e cercare nuove strade. E così ho fatto!

Nella mia pratica professionale non è una novità usare le nuove tecnologie, lo faccio quotidianamente ma qui mi si presentava una sfida nuova: “Come interagire con un intero gruppo classe attraverso il computer senza far diventare il mio intervento una lezione didattica frontale? Come mantenere aperto il dialogo e il confronto? Come approfondire gli argomenti senza diventare noiosa?”

Lo strumento non era nuovo per me ma la sua applicazione in ambito scolastico diventava in quel momento una nuova esperienza da affrontare e così ho cominciato a informarmi su quante più possibilità potesse offrirmi. Ho scoperto infinite possibilità: programmi, app, piattarfome e così via. Qualcuna già la conoscevo, qualcun’altra confesso di no. E così ho cominciato a studiare, a prepararmi, ad applicarmi in questi nuovi strumenti rendendomi conto che c’è un mondo da scoprire e così tanto da sapere anche in virtù del fatto che le nuove tecnologie sono in continua evoluzione.

Ovviamente in poco tempo sono riuscita a trovare il modo di applicare solo qualcuno degli infiniti mezzi a disposizione e quando ho cominciato a confrontarmi con gli alunni mi sono resa conto di quanto loro sappiano usare questi mezzi in modo più immediato, intuitivo e abile di me. Anche quando non conoscono un programma, sono immediati nell’apprendere come utilizzarlo. Lo fanno in modo automatico, mentre io ci devo pensare, impiego più tempo.

E così la prima cosa che ho capito è che i ragazzi potevano essermi utili nel destreggiarmi con le nuove tecnologie. Mi sono chiesta: “Perché non uscire davvero dall’ottica docente-discente e metterci su un piano di vera collaborazione, dove i ragazzi sono gli esperti del funzionamento del mondo digitale e io l’esperta di come funziona la mente umana quando interagisce con questi strumenti e di quali abilità e competenze richiedono?”

Questa è la prima riflessione a cui sono arrivata nel corso di quella esperienza ma ce ne sono state altre ancora di cui vi vorrei parlare nel prossimo post. Nel frattempo, condividete con me che le nuove generazioni sono più abili di noi adulti nell’approcciare alle nuove tecnologie e che quindi è fondamentale per noi genitori, insegnanti, psicologi, educatori…..stare al passo con loro cercando il più possibile di informarci e aggiornarci?

Spero conveniate con me e che vi armiate, come faccio io, di tempo e pazienza per imparare e tenere il passo!

A presto con la seconda parte dell’articolo. Restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela

Il fenomeno TikTok e la sua grande espansione: perché è così importante tra gli adolescenti.

Nel Centro di Psicoterapia Scaligero ci interroghiamo spesso su quelli che sono i fenomeni attuali, di cui si parla maggiormente.
Data la preoccupazione di molti genitori legata all’utilizzo massiccio di TikTok da parte dei figli, ci siamo interessati alla relazione tra il famoso social network e il benessere degli adolescenti.
Tiktok nasce nel 2016 e in pochissimo tempo si diffonde in tutto il mondo, soprattutto all’interno della popolazione giovanile. Nel 2020 conta in Italia più di 2 milioni e mezzo di utenti e la sua espansione non sembra rallentare.
Ci siamo chiesti innanzitutto, perché i giovani usano TikTok?
Da quanto emerge in letteratura, sembra che TikTok non sia solo un “capriccio” per gli adolescenti, ma un vero e proprio bisogno.
Secondo Shao (2018) TikTok fornisce agli adolescenti la possibilità di sentirsi parte del loro gruppo di pari, di mettersi in luce al suo interno e di ricevere feedback su sé stessi, in modo da potersi conoscere meglio.
Bucknell, Kottasz e altri autori sottolineano, inoltre, come la partecipazione attiva a TikTok,
attraverso la creazione di contenuti sotto forma di video brevi, sia motivata dalla necessità di
espandere la propria rete sociale, esprimersi in modo creativo e cercare il successo.
Anche l’utilizzo passivo (osservare i video altrui) sembra avere una certa utilità, perché in grado di far evadere i giovani dalla loro quotidianità.
In una realtà in cui, la maggior parte dei giovani utilizza TikTok, non farlo vuol dire essere esclusi dal gruppo.
Una volta compreso il perché è così importante avere un account sul social network, ci siamo posti una seconda domanda:

TikTok rappresenta davvero una fonte di benessere per gli adolescenti?
Sembra che la risposta che emerga dalla letteratura sia negativa.
A differenza di altri social, quali Facebook, Instagram o Twitter, l’interazione principale dei ragazzi non è con altri utenti ma con “una versione algoritmizzata” di sé. TikTok sfrutta un algoritmo molto veloce che permette di cogliere quasi istantaneamente gli interessi di chi lo usa, così da personalizzare l’esperienza in base alle sue preferenze. Ciò si traduce nell’essere catturati con estrema rapidità da un flusso di video personalizzati, suscitando esperienze molto immersive e potenziale “dipendenza” (Bhandari & Bimo, 2020).
Al contrario quindi di altri social network, non è stata rilevata nessuna relazione tra TikTok,
supporto sociale e benessere, sia se usato attivamente che passivamente.
Secondo Kross e altri autori (2021) anche il confronto con persone di maggior successo e l’accesso alle cosiddette “sfide” potrebbe determinare effetti dannosi sull’esperienza di utilizzo.
Nota positiva invece, TikTok, come altri social network, può essere sfruttato per la diffusione di conoscenze e informazioni positive tra i giovani. A questo proposito, durante l’emergenza Covid, il governo cinese ha deciso di adottarlo quale strumento di diffusione di conoscenze sanitarie (come l’importanza dell’utilizzo di mascherine) attraverso video brevi. L’iniziativa è stata accolta positivamente tra i giovani.


Cosa possiamo concludere quindi su TikTok?
Nonostante la ricerca ad oggi sia ancora limitata, è importante sottolineare che, nonostante TikTok non sembri produrre un reale benessere in chi lo utilizza, quando si parla di adolescenti l’appartenenza ad un gruppo, così come l’aumento dell’indipendenza dagli adulti e l’esplorazione della propria identità, diventa un bisogno fondamentale; possiamo dunque ipotizzare che il “non uso” di questi strumenti possa rappresentare una fonte di malessere per i giovani, di fatto peggiore del suo utilizzo. È importante comunque incoraggiare i ragazzi ad usarlo con moderazione, a
limitarne il tempo di utilizzo e ad interagire con il gruppo di pari non solo online, ma anche offline.
Quest’ultimo aspetto permetterebbe all’adolescente di poter disporre in maniera equilibrata degli strumenti a sua disposizione, per favorire una migliore e più sana inclusione.

Dr.ssa Francesca Arganetto

adolescente con smartphone

Educazione all’affettività e sessualità.

Ciao a tutti,

a breve svolgerò un progetto di prevenzione sull’affettività e sessualità presso uno degli Istituti scolastici con cui collaboro e così sto consultando nuovi libri per prepararmi al confronto con i ragazzi. Alcuni genitori mi hanno chiesto di indicare qualche testo che li aiuti ad affrontare questo argomento con i loro figli perchè anche l’educazione sessuale è un aspetto della salute con cui ogni famiglia prima o poi entra in contatto ed è fondamentale essere preparati a dare informazioni e risposte adeguate.Per questo motivo oggi propongo questo testo di facile fruizione per tutti, che tocca un pò tutti gli aspetti dell’affettività e della sessualità, anche quelli più spinosi e che da semplici e chiare indicazioni su quali informazioni e quale linguaggio usare con bambini e ragazzi. Buona lettura a voi e restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela

dav

LIBRI PASSIONE O TORTURA?

Ecco la mia prossima lettura, è arrivata ieri e non vedo l’ora di cominciarla!

E’ incredibile, sono 40 anni che leggo e studio eppure ogni volta che acquisto un nuovo libro è un’emozione pari a quella del primo giorno di scuola. Adoro la copertina e le pagine ancora immacolate, il profumo della carta stampata quando sfogli le pagine per la prima volta e la curiosità di sapere cosa ci sarà scritto tra quelle pagine. La lettura è una passione per me, se così non fosse, non sarei riuscita a completare gli studi, né potrei fare il mio lavoro che richiede un continuo aggiornamento.

Nei prossimi giorni magari vi parlerò del contenuto di questo libro in una mia personale recensione ma nel frattempo, pensando a quanto mi piace leggere, mi è tornata in mente una domanda che spesso mi viene posta dai genitori: “Come faccio a convincere mio figlio ad aprire un libro? Non lo fa mai, neanche per scuola, non gli piace e non gli interessa!”

Secondo il mio personale parere, non si può convincere qualcuno ad appassionarsi alla lettura perché potrebbe diventare una forma di costrizione e si finisce con odiare ciò che si è costretti a fare. Chi non ricorda quanto venivano detestati i libri che si dovevano per forza leggere a scuola come l’Iliade e l’Odissea, I promessi Sposi e la Divina Commedia? Eppure sono testi meravigliosi, opere d’arte che però cominci a capire ed apprezzare solo da adulto.

Io credo che la passione per la lettura nasca dall’incontro!

Da incontri fortunati con persone appassionate che ti fanno scoprire questo mondo senza importelo. Quando penso ai miei libri preferiti che ho letto nel corso della mia vita, sono tutti associati a qualcuno che me li ha fatti scoprire e amare. Ricordo per esempio la mia maestra delle elementari che ci leggeva Pinocchio ed io con la mente immaginavo i personaggi e quel mondo fantastico. Ricordo quando ho ricevuto in regalo per Natale da una persona cara un libro di racconti di Natale. Ricordo il gruppo di teatro al liceo che mia ha fatto apprezzare autori come Shakespeare e Pirandello.

Non sempre gli incontri sono fortunati perché si può incappare in libri che non ti piacciono, a me è successo qualche volta, ma in questo modo si impara a sviluppare il proprio gusto personale ed è comunque sempre utile allargare i propri orizzonti.

Insomma per appassionarsi alla lettura credo sia importante avere intorno sin dai primi giorni di vita persone che abbiano quella passione, quella curiosità, quella voglia di conoscere che ti spinge a prendere in mano un libro. E’ altrettanto importante che siano solo un esempio, un modello di comportamento da seguire, evitando qualsiasi forma di imposizione o costrizione con chi non ha ancora maturato un interesse per la lettura.

Con me questo sistema ha funzionato, spero succeda lo stesso anche a voi. Fatemi sapere in caso. Per oggi mi fermo qui ma vi raccomando….restate connessi!!!

Dr.ssa Pinton Michela

L’ATTIVITA’ SPORTIVA FA BENE ALLA NOSTRA SALUTE MENTALE!

Ciao a tutti, oggi vorrei riprendere alcune parti di un mio passato articolo per ricordare a tutti quanto lo sport faccia bene non solo alla nostra salute fisica ma anche a quella mentale.

Come sapete il nuovo DPCM del 25/10/2020 per contrastare l’emergenza da Covid-19 ha imposto la chiusura di piscine e palestre a meno che non svolgano attività riabilitative. Questa disposizione ovviamente colpisce tutti coloro che lavorano nel settore e tutti coloro che praticano sport a qualunque livello.

Conosco tante persone che lavorano in ambito sportivo, visto che ci ho lavorato anch’io per tanto tempo e il mio abbraccio virtuale e il mio sostegno ce l’hanno tutto. Il loro ruolo è importantissimo anzi fondamentale per la salute delle persone come spiegherò di seguito e spero quindi che possano presto tornare ad esercitare la loro professione.

Invito invece tutti coloro che praticano attività sportiva e non smettere nonostante questa nuova chiusura e a trovare una soluzione alternativa come una camminata, un giro in bici, delle lezioni online nel salotto di casa o qualche esercizio in giardino. Fate quello che preferite ma non fermatevi per i motivi che ora andrò a spiegarvi.

Avete mai sentito parlare di endorfine? Le endorfine sono delle sostanze chimiche che vengono rilasciate nel nostro cervello in particolari circostanze e che hanno il potere di regolare diverse cose tra cui il senso di benessere ed appagamento. Infatti le endorfine sono dotate di una potente attività analgesica (leniscono il dolore) ed eccitante. L’aspetto più interessante consiste nel fatto che le endorfine hanno la capacità di regolare l’umore. Durante situazioni particolarmente stressanti il nostro organismo rilascia endorfine che da un lato aiutano a sopportare meglio il dolore e dall’altro influiscono positivamente sullo stato d’animo. Le endorfine hanno dunque la capacità di regalarci piacere, gratificazione e felicità aiutandoci a sopportare meglio lo stress e alzando il tono del nostro umore. Capite bene che in questo periodo in cui la nostra vita è limitata per tanti versi e il tono dell’umore può quindi subire delle forti inflessioni, aumentare il rilascio di endorfine nel nostro corpo può essere un grande aiuto.

Ed è qui che s’inserisce l’attività sportiva perché il rilascio di endorfine aumenta sensibilmente in risposta all’esercizio fisico! Ciò significa che praticare un’attività fisica a un’intensità medio-alta può produrre un miglioramento generale del tono dell’umore, una notevole riduzione delle sensazioni di ansia e di stress e un aumento della soglia di tolleranza al dolore e alla fatica. E tutti questi effetti benefici li possiamo sentire sia durante l’esercizio che dopo e per un certo tempo. Chiunque pratichi sport con regolarità lo può testimoniare. Entrando più nello specifico, sono state individuate le attività sportive più efficaci: sono le attività di tipo aerobico, svolte con regolarità almeno 2 o 3 volte a settimana, che non durino meno di mezz’ora a sessione, fatte di esercizi ripetitivi e ritmici.

In conclusione, anche se vorremmo tutti tornare a praticare lo sport che più ci appassiona, nei luoghi consueti e con le persone che amiamo e stimiamo, non possiamo fermarci e buttarci sul divano in attesa che questa pandemia passi perché ne risentirebbe la nostra salute sotto ogni punto di vista. Alziamoci e muoviamoci in tutti i modi che ci sono concessi!

Io vi aspetto per un nuovo articolo tra qualche giorno e nel frattempo……restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela

QUALI SONO I SEGNALI PREDITTORI DEL DISTURBO OSSSESSIVO COMPULSIVO IN ETA’ EVOLUTIVA?

Lunedì ho partecipato ad un webinar del dott. Melli sul disturbo ossessivo compulsivo in età evolutiva e come mia abitudine ormai, mi piace condividere contenuti e mie riflessioni su quanto ascoltato. Tra i tanti temi trattati, credo ce ne sia uno che potrebbe essere utile al pubblico: “Quali sono i segnali predittori del doc nei bambini e ragazzi?”

Parto da una considerazione. Nella mia esperienza clinica quasi tutti i pazienti con disturbo ossessivo compulsivo mi hanno raccontato di aver avuto delle ossessioni (pensieri, impulsi, immagini mentali intrusivi, persistenti, che sono vissuti con disagio emotivo) e delle compulsioni (comportamenti finalizzati ad evitare che si verifichi il contenuto delle ossessioni e a placare l’ansia) sin dall’infanzia. Eppure la maggior parte dei pazienti arriva i terapia in età adulta, così come possono confermare molti miei colleghi e come ha affermato lo stesso dott. Melli.

Come mai succede questo?

Sostanzialmente per tre motivi: 1) il doc ha un percorso di ingravescenza molto lento, che può durare anni, magari a salti, a periodi, per cui per molto tempo può non essere notato o può essere sottovalutato;

2) ossessioni e compulsioni in una certa misura fanno parte del normale sviluppo dei bambini soprattutto tra gli 8 e i 12 anni. Per esempio molti bambini hanno dei rituali prima di andare a letto o dei pensieri magici;

3) bambini e ragazzi difficilmente parlano apertamente delle loro preoccupazioni o ansie.

A causa di questi ostacoli può capitare che gli adulti di riferimento, genitori, insegnanti o altri non si rendano conto della presenza di un disturbo.

Come fare allora a riconoscere i segni predittori del doc e come distinguerli dai fenomeni transitori di una normale crescita?

L’importante è fare attenzione a due aspetti: per prima cosa è importante osservare se i comportamenti rituali messi in atto sono così rigidi, persistenti e immodificabili che se il bambino/ragazzo provasse a interromperli proverebbe un forte disagio emotivo e poi notare se si presentano preoccupazioni di vario genere, con maggiore frequenza e senza apparente motivazione.

Se noi adulti riuscissimo a tenere un occhio aperto su questi segnali forse riusciremmo a prevenire o almeno ad intervenire con molto anticipo sullo sviluppo della patologia. Un intervento precoce può modificare positivamente il decorso di una malattia mentale e magari può limitarne i danni, visto che il doc è uno dei disturbi mentali che maggiormente invalida la vita delle persone.

Spero che queste poche indicazioni possano essere utili a chi avrà la bontà di leggere questo mio post. Se poi aveste ulteriori dubbi non esitate a rivolgervi ad un professionista. Per quel che posso sarò sempre disponibile a rispondere alle vostre domande. A presto con un altro articolo e……………….restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela

matite colorate allineate

COME LE NUOVE TECNOLOGIE STANNO INFLUENZANDO DIVERSI AMBITI DELLA NOSTRA VITA?

Riflessioni sulla conferenza di Corrado Augias del 4/10/2020 alla Fiera delle parole di Padova.

Domenica scorsa ho partecipato alla Fiera delle parole ed ho ascoltato una conferenza di Corrado Augias che, nel suo ultimo libro, ha scritto di come le nuove tecnologie stanno influenzando diversi ambiti della nostra vita se non tutti. Visto che l’argomento è in linea con i miei recenti articoli, ho pensato di riportare un paio di argomenti ascoltati e di condividere con voi qualche riflessione.

Lungi da me sciorinarvi un’ora di conferenza, per quanto io l’abbia trovata molto interessante, mi soffermo quindi solo su una frase di Corrado Augias: “Non solo chiunque può usufruire delle notizie online ma può anche essere produttore di notizie e questo apre le porte a due problemi: da una parte il problema di sapere discriminare una notizia vera da una falsa, le cosiddette fake news, dall’altra che qualunque cosa scritta, se condivisa da più persone viene automaticamente considerata per vera”.

Per quanto riguarda il primo problema significa che siamo continuamente bombardati di notizie e la maggior parte delle persone le prendono tutte per vere soprattutto se hanno ampia diffusione sul web.

Come si può contrastare questa tendenza? Cercando per esempio di assicurarsi quali sono le fonti di quella notizia, verificando se sono o meno fonti ufficiali e riconosciute e cercando di sviluppare il pensiero critico, già a partire dall’infanzia. Il pensiero critico è la capacità di esaminare le situazioni indipendentemente da condizionamenti interni o esterni. Sulla base di questo esame della realtà si elaborano poi dei giudizi o dei pareri, prendendo quindi una posizione sulla situazione. Per esercitare in modo corretto questa capacità è fondamentale saper osservare, ragionare, fare esperienze diverse e comunicare. Bisognerebbe quindi sviluppare questa capacità in modo che da diventare fruitori del web liberi, consapevoli e responsabili.

Per quanto riguarda il secondo problema significa che a ognuno di noi ha a libertà di produrre contenuti web, che siano immagini, video o testi e sull’onda di questa libertà ci sentiamo autorizzati a fare e dire qualunque cosa. In questo caso vorrei richiamare il concetto di responsabilità, che mi sembra manchi proprio nella maggior parte dei casi. Bisognerebbe pensare un po’ di più alle conseguenze che possono derivare da ciò che si pubblica. Purtroppo la mancanza di una regolamentazione chiara e precisa sulla gestione dei media digitali, la distanza che gli strumenti digitali interpongono tra sé e gli altri e la sottovalutazione dei rischi a cui si può andare incontro fanno sì che difficilmente le persone si soffermino davvero a valutare l’opportunità e l’attendibilità di ciò che pubblicano. Vogliamo fare degli esempi: che mi dite degli haters, dei genitori che pubblicano le foto dei propri figli oppure di chi dichiara di andare in vacanza per un mese molto lontano da casa? Secondo voi tutte queste persone hanno valutato bene le conseguenze delle loro azioni? E tutto ciò non succede solo a persone con un basso livello culturale anzi, sono agli onori della cronaca gli spropositi pubblicati da persone di alto livello sociale e culturale, l’emergenza covid-19 ce l’ha dimostrato. Ecco perché prima di postare qualcosa bisognerebbe pensarci tanto e valutare ogni aspetto, non seguire solo l’impulso del momento.

Quindi pensiero critico e responsabilità, nel mio piccolo cerco di coltivarle e applicarle ogni volta che pubblico qualcosa. Magari sbaglierò comunque ma almeno cerco di stare attenta. Perché non ci provate anche voi? Se poi non siete d’accordo, massimo rispetto per le opinioni diverse e se ne può sempre parlare. Aspetto allora un vostro feedback e come sempre……restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela

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