NUOVE TECNOLOGIE: VANTAGGIO O SVANTAGGIO RISPETTO AL RITIRO SOCIALE?

Nel mio precedente articolo vi ho descritto il ritiro sociale, inteso come un graduale distacco dalle opportunità di interazione sociale.

Nella maggior parte dei casi di ritiro sociale si è evidenziato un uso delle nuove tecnologie prolungato nel tempo, spesso per molte ore nell’arco di una giornata. Questo uso smodato in aggiunta al ritiro stesso può portare a conseguenze negative per la salute di queste persone, basti solo pensare come esempio a come si altera il ritmo sonno-veglia.

Queste evidenze hanno portato molti a credere che le nuove tecnologie portino a sviluppare una dipendenza e di conseguenza al ritiro sociale, che diventa quindi il modo per poter stare sempre connessi.

Di fatto però al momento questa sembra solo una credenza, non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino che le nuove tecnologie siano la causa del ritiro sociale e ce lo dimostrano alcuni casi molto diversi: ad esempio non tutte le persone che usufruiscono delle nuove tecnologie sviluppano una dipendenza e poi ci sono casi in cui l’uso smodato dei vari devices è conseguente al ritiro sociale. Per questi ultimi l’essere connessi attraverso le nuove tecnologie sembra l’unico modo per mantenere un qualche contatto con il mondo esterno. Ve la sentireste voi di diminuire o togliere questo unico modo di restare connessi con gli altri a queste persone?

Forse una visione più realistica del rapporto tra nuove tecnologie e ritiro sociale è un rapporto di tipo circolare dove le une rinforzano l’altro e viceversa.

Queste ultime considerazioni però ci portano a riflettere sulla visione che abbiamo di questi nuovi strumenti:

1. l’avvento delle nuove tecnologie è talmente recente e l’evoluzione delle stesse nel tempo talmente rapida che non siamo al momento in grado di valutare o prevedere l’impatto che avranno sul nostro funzionamento;

2. pensare di bloccare in qualche modo questa fenomeno che ha così rivoluzionato il nostro stile di vita è puramente utopistico soprattutto se pensiamo ai nativi digitali che crescono utilizzando la tecnologia;

3. possiamo solo cercare di capire e studiare il fenomeno e cercare di stare al passo con i nativi digitali per tenere sempre un canale di comunicazione aperto con le nuove generazione o il gap diventerà incolmabile.

Forse potremmo, perché no, allearci con i giovani per capire quali sono le opportunità e i vantaggi che vedono nelle nuove tecnologie. In generale credo sia importante tenere la mente aperta e provare a vedere questi strumenti non solo come un rischio ma anche come un’opportunità. Già oggi può essere un modo per interagire con i nativi digitali, per comunicare con loro parlando la stessa lingua e può essere un modo per creare un primo contatto anche con chi si è ritirato dalla società, il resto, qualcuno ha scritto, “lo scopriremo solo vivendo”!

Questo è il mio pensiero e voi che ne dite? Se siete connessi perché non condividete le vostre opinioni, riflessioni o domande?

A presto con un altro post in tema. Stay tuned!

RITIRO SOCIALE: PATOLOGIA O SCELTA?

Nel mio precedente articolo avevo promesso che mi sarei addentrata di più nella definizione di Ritiro Sociale ed eccomi qui.

Cercherò di spiegarlo nel modo più semplice e chiaro perché come vi avevo anticipato si tratta di una dimensione complessa.

Per dimensione si intende un insieme di caratteristiche che possono essere misurate sia per qualità che per quantità e nel caso del ritiro sociale possono essere le motivazioni, le emozioni e i comportamenti ad esso connessi.

Il Ritiro Sociale consiste in pratica nel sottrarsi gradualmente alle opportunità di interazione sociale fino alla chiusura totale al mondo, ovvero quei casi in cui una persona si chiude in una stanza senza più vedere nessuno, neanche i propri familiari, per molto molto tempo, mesi o addirittura anni.

Il Ritiro Sociale è un aspetto che può presentarsi in diverse patologie (depressione, fobia sociale, autismo …) per questo è definito transdiagnostico.

La traiettoria di chiusura alla società di solito nasce presto, a volte già nell’infanzia, e dipende da diversi fattori individuali (per es. la timidezza e le abilità sociali), relazionali (per es. la validazione e il giudizio degli altri) e ambientali (per es. il tempo e la numerosità del contesto). Questi fattori possono diventare fattori di rischio o fattori protettivi a seconda di se, quanto e come si presentano. Per esempio avere sufficienti abilità sociali può essere un fattore protettivo rispetto al ritiro sociale.

E’ importante considerare le motivazioni interne che spingono il soggetto a ritirarsi: disinteresse sociale o timidezza conflittuale. Vi sono infatti tre tipi di ritiro sociale:

1) persone che avrebbero interesse a stare con gli altri ma che per ansia e vergogna non ci riescono;

2) persone che provano un senso di estraneità e non appartenenza che inibisce il desiderio di stare con gli altri e li pone in una condizione del tipo “ci sto ma anche no”;

3) persone che sono distaccate e stanno bene così.

Si può dedurre quindi che non sempre il ritiro sociale è una patologia, a volte può essere vissuto come una scelta, un desiderio. Pensate ad esempio al bambino che gioca da solo o all’adolescente che si chiude in camera sua: probabilmente il primo sta sviluppando delle capacità e il secondo sta costruendo la sua identità. Di conseguenza per capire se alcuni segnali sono sintomo di una patologia è importante affidarsi ad un professionista che sappia valutare il grado di adattamento del soggetto che si ritira.

Visto che segni e sintomi del ritiro sociale possono manifestarsi già nell’infanzia e nell’adolescenza, senza cadere in facili allarmismi, qualora ci fosse un dubbio la cosa migliore è rivolgersi ad una psicoterapeuta che possa una corretta valutazione e ricordate sempre che prevenire è meglio che curare!

Ora vi lascio riflettere su questo punto e vi rimando al mio prossimo articolo su questo interessante argomento. Se avete domande e vostre riflessioni da condividere sono sempre ben accette. Stay tuned!

ritiro sociale frase

HIKIKOMORI, RITIRO SOCIALE E NUOVE TECNOLOGIE.

Qualche giorno fa ho assistito alla conferenza del dott. Michele Procacci sul “Ritiro Sociale” ed uno dei temi principali trattati è stato l’uso delle nuove tecnologie, ovvero se e come può influire sul ritiro sociale.

Cercherò di definire meglio il “Ritiro Sociale” nel mio prossimo articolo perché si tratta di una dimensione piuttosto complessa mentre per oggi vorrei concentrarmi su una domanda cardine che il dott. Procacci ha posto e che giro a tutti voi: “Un uso smodato delle nuove tecnologie favorisce il ritiro sociale o il ritiro sociale porta all’uso delle nuove tecnologie?”

Il sentire comune porterebbe a propendere per la prima ipotesi. Da quando anche in Italia si è cominciato a parlare di “Hikikomori” (letteralmente “tirare indietro”, “ritirarsi”), una condizione per cui una persona si chiude nella propria stanza per lunghi periodi di tempo, mesi o addirittura anni, interrompendo qualsiasi rapporto personale, anche con i propri familiari, e qualsiasi tipo di occupazione, dal lavoro allo studio, tale condizione è stata spesso associata ad un uso eccessivo delle nuove tecnologie perché spesso queste persone, chiuse nella loro stanza, passano molto tempo davanti alla tv, al pc, al tablet o allo smartphone.

Se è vero che l’uso smodato delle nuove tecnologie possa in alcuni casi portare allo sviluppo di una dipendenza dalle stesse e ad un graduale ritiro sociale, è altrettanto vero che non accade sempre così. Lo dimostrano ad esempio alcuni giovani campioni di videogiochi, che pur trascorrendo numerose ore alla console tutti i giorni, continuano a mantenere un stile di vita normale, andando a scuola o al lavoro e mantenendo intatta la propria rete familiare e sociale.

E’ inoltre importante considerare che esistono persone che si ritirano dal mondo per altri motivi (ve ne parlerò nel prossimo articolo) e in questi casi le nuove tecnologie diventano l’unico strumento per mantenere un minimo contatto con il mondo esterno.

Provate a mettervi nei loro panni, chiusi per ore, per giorni, per mesi in una stanza: che cosa fareste? Non provereste tristezza, solitudine ma anche una noia infinita? Non cerchereste quindi un modo per far passare ore che sembreranno interminabili? Capirete da voi che in questi casi, le nuove tecnologie possono essere considerate da queste persone una risorsa e non un male. Tra l’altro possono diventare una risorsa anche per chi cerca di aiutare queste persone perché possono diventare un mezzo per entrare in contatto con loro e curarle. In questo senso si sta aprendo tutto un filone di ricerca proprio per capire se, quando e come la tecnologia possa essere utilizzata con efficacia in favore della salute psicologica dei pazienti.

Tornando quindi alla nostra domanda di partenza probabilmente sono vere entrambe le ipotesi ma vorrei aggiungere che proprio per questo le nuove tecnologie non debbano essere demonizzate. Di sicuro hanno generato un cambiamento epocale nel nostro stile di vita, non ne conosciamo ancora appieno gli effetti e forse non abbiamo ancora preso bene le misure rispetto ad un corretto utilizzo ma non per questo bisogna trincerarsi dietro facili pregiudizi. Cerchiamo di tenere la mente aperta e di valutare tutte le possibilità, sospendiamo il giudizio almeno per il momento. Ricordo di aver letto in qualche articolo, che anche l’avvento della tv nelle case degli italiani negli ’50 era stato vissuto con un certo allarmismo. Addirittura si ipotizzava che avrebbe decretato la fine del cinema. A distanza di 70 anni possiamo affermare che non si sono verificate catastrofi particolari.

Resta il fatto che il tema dei vantaggi e svantaggi relativi all’uso delle nuove tecnologie è molto interessante per tutti noi per cui mi riprometto di affrontarlo in uno dei mie prossimi articoli.

Restate connessi perché c’è ancora tanto di cui parlare. Se volete dire la vostra e dare un vostro contributo siete sempre accetti. A presto!

Dr.ssa Pinton Michela

ragazzo solo seduto su uno sgabello che guarda il suo smartphone sotto un riflettore