Adolescenti, amore e sessualità ai tempi dei social network.

adolescente con smartphone

In questo articolo vi darò qualche dato circa la fruizione in internet di argomenti che riguardano la sessualità da parte degli adolescenti e cercheremo di capire insieme cosa li spinge al cybersex (dipendenza da sesso virtuale) o a praticare il sexting (scambio di testi, immagini e video con contenuti sessuali espliciti con altri).

E’ sotto gli occhi di tutti ormai che gli adolescenti di oggi sono costantemente connessi a internet. Lo strumento che maggiormente usano per questo è lo smathphone perché permette loro di connettersi in qualunque momento, in qualunque luogo, in maniera del tutto autonoma e con minor controllo esterno. Tra tutti i contenuti disponibili nella rete, quelli sessuali costituiscono una buona fetta. Ricerche internazionali parlano di fruizione di contenuti sessuali da parte di bambini/ragazzi tra i 9 e i 17 anni in costante aumento. Sembra un fenomeno inarrestabile soprattutto tra i maschi. Il 50% dei casi accede a contenuti pornografici, i maschi in percentuale doppia rispetto alle femmine. L’età in cui di solito entrano in contatto con questi contenuti è tra i 10 e i 13 anni. Insomma il consumo di pornografia sembra essersi esteso e generalizzato da quando esiste il web.

Quali sono i motivi per cui gli adolescenti accedono a contenuti sessuali on line?

  1. Per avere informazioni sulla sessualità in mancanza di altri supporti come la famiglia, la scuola o altri professionisti. Internet gli permette di sapere di tutto e di più sull’argomento, dall’anatomia, alle svariate pratiche sessuali, alle patologie legate alla sessualità. Più ne sanno, più viene loro attribuito uno status superiore dai pari con cui condividono le informazioni. Da un punto di vista teorico i giovani di oggi sembrano avere una conoscenza enciclopedica sul tema. Da internet ricavano informazioni che non riescono a chiedere ai genitori (forse per il gap generazionale), che la scuola ancora non riesce a fornire loro (forse perché non ha ancora trovato la formula giusta e un linguaggio adeguato). Gli altri professioni a cui potrebbero rivolgersi sembrano ancora troppo distanti e irraggiungibili.
  2. Per accrescere il proprio piacere e desiderio personale sia in solitudine che in relazione con qualcun altro. In entrambi i casi usufruire di materiale pornografico di solito si accompagna alla masturbazione. Tra gli adolescenti ci sono casi in cui il cybersex li porta ad evitare le relazioni sociali reali, a isolarsi e cadere nella dipendenza da sesso virtuale ma ci sono anche adolescenti che hanno relazioni sociali e sessuali soddisfacenti e che affermano di integrare con la pornografia il proprio piacere sessuale rispetto a pratiche che con il/la proprio/a partner non potrebbero mettere in atto. In questi casi la pornografia non sostituisce ma si associa ai rapporti reali vissuti dai ragazzi.

Una pratica molto in voga tra gli adolescenti è il sexting. Si scambiano contenuti sessuali personali per due motivi: per esplorare la sessualità, fare nuove esperienze o come forma di corteggiamento e dimostrazione di affetto. Il sexting di solito sottende un patto di reciprocità e fedeltà ma i ragazzi non sembrano in grado di prevedere i rischi di questa pratica. Per esempio non considerano il fatto che alla loro età, emozioni, sentimenti, relazioni possono cambiare velocemente e, con la leggerezza che li contraddistingue, il patto può rompersi facilmente. Le conseguenze sono spesso negative perché quei contenuti scambiati possono diventare un’arma di ricatto e possono essere divulgati nella rete. Gli esiti di simili comportamenti possono essere devastanti per la reputazione di una persona ed avere un impatto psicologico pesante. Fortunatamente esiti di questo tipo non sono molto diffusi.

Tirando le somme quali sono gli aspetti positivi e i rischi della fruizione dei contenuti sessuali dei ragazzi attraverso internet? Di positivo c’è che in fondo i nativi digitali non sono poi così diversi dagli adolescenti di qualche anno fa. Ciò che li muove è la curiosità, condividono ciò che sanno con i loro pari come accadeva un tempo e nella maggioranza dei casi il sesso virtuale è solo una componente aggiuntiva alle relazioni sociali che hanno nella vita reale. Di rischioso c’è che questi ragazzi non trovano ancora qualcuno di competente che sia in grado di comunicare con loro su questo argomento e di fornirgli le giuste competenze non solo in campo sessuale ma anche in campo affettivo, emotivo, relazionale. E poi il cybersex e il sexting, se non vengono praticati nel modo giusto, possono diventare effettivamente un problema per qualcuno di questi ragazzi. Voi cosa ne pensate? Che siate, genitori, insegnanti o altri di riferimento per ragazzi adolescenti, riuscite a parlare con loro di sesso? Quando ne parlate, quanto, come e di quali argomenti? Forse condividere le reciproche esperienze potrebbe essere di aiuto a chi ancora non è riuscito ad affrontare questo tema spinoso.

Come gestire un bambino ADHD in classe?!

7 CONSIGLI UTILI PER GLI INSEGNANTI.

insegnante a scuola

Il dott. Russel Barkley, nell’ambito della sua relazione al Convegno Internazionale sull’ADHD, ha voluto dare alcune indicazioni agli insegnanti che si trovano in classe bambini con un Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività, in modo che possano comprendere maggiormente questo disturbo e pianificare in modo adeguato il loro lavoro.
Ecco quindi elencati i 7 principi proposti dal dott. Barkley:

1. Prima di tutto è importante capire che l’ADHD è un disturbo della regolazione delle funzioni esecutive, ossia un disturbo dello sviluppo neuro-biologico e quindi và considerato come una disabilità permanente, non una scelta del bambino di comportarsi male. Se sì comprende questo principio allora ci si potrà attivare per operare tutti gli aggiustamenti necessari per compensare la disabilità del bambino. Da questo primo principio derivano i successivi.
2. L’ADHD interferisce con l’autoconsapevolezza, cioè il bambino non si rende conto di quello che sta facendo. Quando perde il controllo è quindi importante che sia l’insegnante a fermarlo e aiutarlo a diventare consapevole più di sé chiedendogli di descrivere cosa sta facendo e sentendo. Può essere utile creare dei report con elencati diversi comportamenti che il bambino può compilare alla fine di ogni lezione o giornata per valutare come si è comportato. Quando invece è riuscito ad eseguire un compito o una richiesta è molto utile filmarlo per poi mostrargli come si è comportato e rinforzare positivamente il suo comportamento in modo che lo possa ripetere.
3. Il bambino con ADHD ha difficoltà ad inibire certi comportamenti, può quindi essere utile concordare con lui un suggerimento o un gesto che gli faccia capire di fermarsi e guardarsi intorno molto attentamente. Un esempio in tal senso è la tecnica della tartaruga. Quando l’insegnante dice la parola tartaruga il bambino deve comportarsi come una tartaruga, quindi ritrarre le zampe dentro il guscio, guardarsi bene intorno, osservando lentamente e attentamente cosa succede nell’ambiente e pensare bene cosa deve fare.
4. L’ADHD è una disfunzione della memoria di lavoro perciò dobbiamo aiutare il bambino a ricordare le cose che gli abbiamo chiesto utilizzando ad esempio liste, post-it, calendari o segnali convenzionali. Non sembra essere molto utile la tecnologia, come gli smartphone, perché il bambino o il ragazzo con adhd tendono a dimenticarli, a dimenticarsi di ricaricarli, a dimenticarsi di impostarli. Sono molto più utili gli strumenti materiali, oggetti fisici come quelli sopra elencati.
5. Chi soffre di ADHD ha molte difficoltà nell’automotivazione, per questo motivo spesso si annoia o non si interessa ad un compito. E’ necessario quindi rendere la motivazione fisica e reale, trovare un premio tangibile e interessante che motivi il bambino ad eseguire le nostre istruzioni.
6. Il bambino con ADHD non sa regolare le sue emozioni che possono quindi essere molto forti e provocare reazioni impulsive e inappropriate. Può essere utile in questo caso trovare uno spazio tranquillo dove il bambino possa calmarsi e concordare delle autoistruzioni che possa ripetere a sé stesso per calmarsi. Anche in questo caso fare un video al bambino quando riesce a calmarsi e mostrarglielo sottolineando la sua bravura, può essere un rinforzo positivo perché ripeta quello stesso comportamento anche in altre occasioni.
7. Chi soffre di ADHD non sa pianificare e risolvere i problemi perché non sa manipolare le informazioni. Il problem solving di solito si basa su un gioco mentale ma se riusciamo a trasformare questo gioco in qualcosa di fisico e concreto, per esempio usando degli oggetti come delle biglie colorate, allora ci può riuscire.

Spero che queste poche indicazioni possano essere utili a chi a scuola si occupa di bambini o ragazzi con ADHD. Lo scopo principale è far conoscere bene questo disturbo perché se lo si comprende per quello che è allora si può aprire la strada alle soluzioni giuste.

A cura del dott. Russell A. Barkley, Ph.D. intervenuto al Convegno Internazionale “ADHD e Disturbi Dirompenti del Comportamento”.

Il Dott. Brakley è un’autorità riconosciuta nel campo del Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività nei banbini e negli adulti. Ha dedicato la sua carriera a diffondere informazioni scientifiche sull’ADHD. E’ un professore di psichiatria del Centro per il trattamento dei bambini della Virginia e del Centro medico universitario dell Virginia.