continua la rassegna di video sul tema dell’ansia. Oggi cercheremo di capire quando l’ansia può essere un problema transitorio o un vero e proprio disturbo psicopatologico.
In un precedente video vi ho piegato che l’ansia può diventare un problema quando si manifesta con troppa frequenza, lunga durata, alta intensità o in modo sproporzionato rispetto all’evento che l’ha elicitata. Tuttavia se tutto questo si verifica per qualche giorno, settimana o mese e poi rientra nella norma allora si tratta solo di un problema transitorio.
Si tratta invece di un vero e proprio disturbo d’ansia quando sono presenti le seguenti caratteristiche:
1. L’ansia si presenta con maggiore frequenza, durata e intensità per più di sei mesi consecutivi;
2. L’ansia invalida uno o più ambiti della vita della persona (lavorativo, familiare, relazionale….).
Considerando questi aspetti è possibile fare una prima valutazione per stabilire se si sta manifestando un disturbo d’ansia o solo un problema transitorio. In ogni caso il mio consiglio è di rivolgersi ad un professionista, psicologo o psicoterapeuta, che possa fare una vera e propria valutazione diagnostica.
A presto con un nuovo video sull’ansia e come sempre…..restate connessi!!!
eccoci con un nuovo video sull’emozione ansia. Dopo aver descritto nei video precedenti cosa sono le emozioni e in particolare la paura e l’ansia, oggi cercheremo di chiarire quando l’ansia può diventare un problema.
I criteri per cui l’ansia può diventare un problema sono diversi e sono validi anche per le altre emozioni. Ma andiamo ad elencarli.
L’ansia può diventare un problema quando:
Si presenta con frequenza maggiore rispetto alle altre emozioni;
Si percepisce per un tempo prolungato e una durata maggiore rispetto alla media delle altre emozioni;
L’intensità è prevalentemente alta la maggior parte delle volte che la si prova;
L’intensità è sproporzionata ed eccessiva rispetto all’evento che l’ha elicitata.
A questo punto, se pensate di avere un problema con l’ansia provate a considerare questi criteri. Se uno o più sono presenti allora c’è un problema nella regolazione di questa emozione e se tali criteri sono presenti da più di 6 mesi potrebbe anche presente un disturbo correlato all’ansia.
In entrambi i casi vi invito a rivolgervi ad uno psicoterapeuta che possa valutare insieme a voi l’entità del problema.
A presto con un nuovo video sul tema dell’ansia e come sempre…..restate connessi!!!
Ciao a tutti, in questo articolo vorrei parlarvi di un grande insegnamento che ho ricevuto su come svolgere il mio lavoro, che può diventare un piccolo aiuto per chi si trova in difficoltà e volesse rivolgersi ad uno psicoterapeuta.
Venerdì scorso ho partecipato al workshop introduttivo del ciclo “Clinica della mente ossessiva”,condotto dal Prof. Francesco Mancini.
Non voglio entrare nello specifico del corso per non annoiare, con argomenti troppo tecnici, chi avrà voglia di leggere questo post ma racconto che lo scopo principale della giornata è stato comprendere lo schema di funzionamento della mente di un paziente con disturbo ossessivo compulsivo (DOC).
Per chi non lo conoscesse il prof. Mancini, è uno dei massimi esperti del DOC e, nonostante lo conosca da anni, ho sempre qualcosa da imparare da lui. C’è un concetto in particolare, che ha espresso venerdì, che vorrei trasmettere al pubblico e anche se non ricordo precisamente le parole diceva questo: “Insisto così tanto sul fatto che riusciate a comprendere la mente del paziente perché se non ci riuscite, anche se conoscete le strategie e le tecniche d’intervento migliori del mondo, non saprete applicarle”.
In sostanza quello che ci voleva far capire è che per diventare dei bravi psicoterapeuti non basta conoscere le tecniche più efficaci e innovative, prima di tutto è fondamentale conoscere a fondo chi ci sta di fronte: cosa pensa, come si sente, come si comporta, che scopi ha, che bisogni ha e così via. Conoscere tutti questi aspetti e saperli organizzare secondo un senso logico significa comprendere davvero la mente di qualcuno.
Da quando ho intrapreso la mia carriera professionale applico con convinzione questo insegnamento e cerco di trasmetterlo agli psicologi e specializzandi più giovani perché capire veramente le persone è il primo passo per poterle aiutare ma ora giro questo discorso a chi sta dall’altra parte e cerca un aiuto in campo psicologico.
Premesso che ci si rivolga sempre e solo ad un professionista che possieda una laurea, un’abilitazione alla professione e una specializzazione, un altro aspetto importante da considerare è trovare qualcuno che sia veramente capace di accogliervi, capire cosa vi succede e di spiegarlo con chiari e semplici parole. Se in questa fase vi sentirete riconosciuti e potrete dire a voi stessi “finalmente qualcuno che sa come mi sento, cosa penso e perché”, allora è possibile che abbiate trovato il terapeuta giusto per voi. Se vi sentirete davvero compresi è probabile che sarete anche più disposti ad affidarvi alle sue cure. Quindi vi invito a tener presente questa piccola regoletta qualora aveste bisogno di un aiuto.
Per oggi è tutto ma vi rimando al mio prossimo articolo sul corso di formazione a cui parteciperò questo weekend, dal titolo “Il ritiro sociale in adolescenza”, altro argomento di cui mi occupo da tempo e di assoluta attualità. Mi raccomando allora……restate connessi!
Come si presentano i Domestic Offenders e quale possibile trattamento?
Relazione presentata al convegno Sitcc di Verona sulla violenza domestica
Al link sottostante troverete la presentazione del trattamento sui Domestic Offender secondo il modello della Terapia Metacognitiva Interpersonale (Dimaggio, Popolo et al.,Corpo, Immaginazione e Cambiamento- Cortina 2019).
Ci sono alcuni spunti interessanti su come si presentano i Domestic Offenders in terapia e sulla modalità di trattamento
Rassegna “Pillole di psicologia”. In questo filmato la dr.ssa Pinton Michela vi parla della possibilità che i disturbi d’ansia si presentino in comorbilità con altri disturbi e come ci si approccia nel setting terapeutico se si presenta questa eventualità. Buona visione!
Rassegna “Pillole di psicologia”. La dr.ssa Pinton Michela risponde alle domande del pubblico durante la serata “Ansia e Panico” e spiega per quali motivi è utile affidarsi ad uno psicoterapeuta. Buona visione!
Nell’ambito del Convegno “I giovani e i disagi della sessualità” di qualche mese fa, un medico di base ha elencato le difficoltà che incontra quotidianamente nel tentare di occuparsi della fascia di età adolescenziale e mi sono resa conto che sono circa le stesse difficoltà che incontro io come psicoterapeuta.
Nel mio post precedente ho elencato i motivi per cui difficilmente un adolescente accede ai servizi a lui dedicati. Oggi proverò a dare qualche informazione e qualche spunto di riflessione nel tentativo di abbattere qualcuno di quegli ostacoli di cui sopra.
Mi rivolgo proprio a te ragazzo o ragazza, nella speranza che riuscirai a leggermi:
ricordati che puoi chiedere un colloquio privato con un medico o con uno psicologo/psicoterapeuta, senza la presenza dei tuoi genitori. I tuoi genitori devono essere informati della tua scelta ma non dei contenuti del colloquio. Hai diritto come gli adulti ad essere tutelato per la tua privacy e ad essere informato sullo stato della tua salute. Questa garanzia ti dovrebbe consentire di aprirti e parlare liberamente di tutto ciò che ti interessa o ti preoccupa;
è vero che puoi avere difficoltà a raggiungere il mio studio, specie se abiti lontano e se i tuoi genitori non sono sempre disponibili ad accompagnarti ma possiamo trovare insieme il momento migliore per vederci ed usare i mezzi pubblici, la bici o il motorino può essere un’occasione per crescere in autonomia e indipendenza;
tu sei un ragazzo/a e io un’adulta e quindi potremmo avere gusti e modi di pensare diversi ma credo che dal confronto possa sempre nascere qualcosa di buono e che si possa imparare gli uni dagli altri, l’importante è tenere aperta la nostra mente. Io cercherò di farlo sempre con te, così come cerco sempre di tenermi aggiornata sugli interessi e sulle mode del momento di voi ragazzi;
cercherò anche di parlare la tua lingua, di farmi comprendere da te, evitando termini tecnici ma se mi sfuggisse qualcosa puoi sempre segnalarmelo e chiedermi una spiegazione. Sarò sempre disponibile a spiegarmi meglio;
lo so che alla tua età la vita corre ai 100 all’ora e vorresti risolvere qualunque tuo problema in pochissimo tempo, magari in una sola seduta. Credimi che vorrei poterlo fare ma non ho la bacchetta magica e non leggo nel pensiero. Io cercherò di fare il meglio che posso con gli strumenti che ho ma sarà molto utile il tuo aiuto. Più riusciremo a parlare, a comprenderci e a lavorare in sinergia, prima troveremo una soluzione. La tua collaborazione è quindi fondamentale;
i costi dei colloqui con me non sono a carico tuo ma dei tuoi genitori e quindi entrambi dipendiamo dalle loro possibilità e disponibilità. Ciò significa che entrambi dovremmo impegnarci per sfruttare al meglio le risorse e il tempo che abbiamo a disposizione e in caso di particolari problemi economici sono sempre disponibile a cercare un punto d’incontro;
se posso convenire con te che un colloquio con uno psicologo può indicare la presenza di un problema, questo non significa che si tratti necessariamente di qualcosa di grave. Ho bisogno di vederti e di parlare con te per capire se un problema esiste davvero o è solo un fase di passaggio un po’ complicata. E se un problema c’è, è importante capire che significato gli dai tu. Non è che forse lo ingigantisci un po’ questo problema? Non è che hai solo paura di essere giudicato? E se il giudizio fosse solo nella tua testa? Se credessi tu stesso di avere un grave problema, qualcosa che non si può risolvere e ne avessi così tanta paura da negarlo e rifiutare di parlarne nell’illusione che scompaia da solo?
Chiudo questo post lasciandoti riflettere su queste ultime domande e se tu o chi ti sta vicino volesse chiedermi qualcosa, sappi che lo puoi fare sia in privato che scrivendo su questa pagina. Cercherò di rispondere nel più breve tempo possibile. Aggiungo solo un’ultima considerazione. Se pensi di chiedere aiuto agli amici, prima di tutto affida le tue preoccupazioni solo ai veri amici e poi ricordati che gli amici che hai probabilmente sono ragazzi della tua età o giù di lì, che possono ascoltarti, starti vicino e a loro modo sostenerti, ma che possono anche non sapere come aiutarti nel modo migliore perché non hanno le conoscenze e l’esperienza che ha un professionista. Quindi se pensi di avere un problema ed entro un certo tempo da solo o con gli amici non ne vieni fuori prova a pensare ad un’alternativa. Le persone che possono darti una mano ci sono. Io sono qua!
Nell’ambito del Convegno “I giovani e i disagi della sessualità” di qualche mese fa, un medico di base ha elencato le difficoltà che incontra quotidianamente nel tentare di occuparsi della fascia di età adolescenziale e mi sono resa conto che sono circa le stesse difficoltà che incontro io come psicoterapeuta.
I problemi di salute degli adolescenti che possono richiedere l’intervento sia di medici che degli psicoterapeuti sono i più diversi perché si spazia dai problemi d’ansia, alla depressione (in alcuni casi con rischio suicidario), ai disturbi alimentari, all’assunzione e abuso di sostanze come alcol, fumo e droghe, a fenomeni come la dipendenza da internet, la dipendenza dal gioco d’azzardo, il bullismo e molti altri problemi ancora. Insomma i rischi che corre un adolescente sono molti, soprattutto se cade in uno di questi problemi e non riesce ad accedere ad interventi e cure adeguate.
I motivi per cui gli adolescenti accedono con fatica ai servizi a loro dedicati sono diversi:
non credono di essere tutelati dal punto di vista della privacy perché vengono accompagnati dai genitori e non si sentono quindi liberi di comunicare tutto ciò che li riguarda;
hanno spesso difficoltà logistiche per poter arrivare da soli nello studio del professionista;
esiste un gap generazionale tra adolescente e professionista che può essere vissuto come un ostacolo ad una reale comprensione scevra dal giudizio;
a volte i professionisti tendono ad usare un linguaggio tecnico, poco comprensibile e distante dal linguaggio degli adolescenti;
cercano le informazioni sui loro problemi nella rete;
hanno difficoltà a mantenere nel tempo un eventuale percorso terapeutico.
Come psicoterapeuta, a questo elenco di difficoltà, posso aggiungere anche il problema economico, visto che gli adolescenti dipendono ancora economicamente dai genitori e, ancora una volta, i pregiudizi. Spesso mi capita di essere contattata da genitori e/o insegnanti che rilevano un problema nel proprio figlio o alunno adolescente, il quale però si rifiuta categoricamente di incontrarmi e parlare con me. Spesso si comportano in questo modo perché sono convinti di non avere un problema e il solo fatto di accedere al mio studio significherebbe il contrario. In altri casi, magari concordano sul fatto di avere qualche problema ma sono convinti di potersela cavare da soli o con l’aiuto degli amici.
Potete constatare da soli che gli ostacoli nel trattare gli adolescenti sono tanti e difficili da superare, anche se questa fascia d’età forse è quella che corre maggiori rischi e ha maggior bisogno di aiuto. Per questo motivo, nel mio prossimo post proverò a dare qualche informazione e qualche spunto di riflessione nel tentativo di abbattere qualcuno di quegli ostacoli di cui sopra.
Questo è un pregiudizio che, ahimè, viene mosso alla categoria degli psicologi ancora con frequenza. Se si pensa che lo psicologo costi troppo significa che si hanno in mente dei termini di paragone con altre professioni e allora facciamoli questi confronti e verifichiamo come stanno realmente le cose.
Si diventa psicologi abilitati alla professione con una laurea quinquennale, un anno di tirocinio post lauream e un esame di stato. Più o meno lo stesso tipo di percorso che sostengono altri professionisti come i medici, gli ingegneri e gli avvocati. Se lo desidera, uno psicologo può proseguire la sua formazione attraverso corsi, master e scuole di specializzazione che durano da 1 a 4 anni dopo la laurea. Quindi uno psicologo è un professionista con un percorso formativo che varia tra i 5 e i 10 anni e che si occupa di servizi alla persona, al gruppo o alla comunità. E’ quindi un professionista che si può paragonare alle figure professionali di cui sopra. Vogliamo fare quindi un confronto di costi tra un medico, un dentista, un avvocato, un commercialista, un notaio, un ingegnere e uno psicologo? Ovviamente questo tipo di confronto bisogna farlo in ambito privato, perché nel pubblico il sistema di retribuzione è diverso.
A questo punto mi trovo un attimo in impasse perché bisognerebbe capire da chi afferma che lo psicologo costa troppo, quanto ha pagato una seduta e se effettivamente gli è costata di più rispetto ad un colloquio con un altro dei professionisti citati. Spero che qualcuno vorrà raccontare la sua esperienza, ma in linea di massima ho voluto fare questi paragoni perché credo che il punto sia un altro. Ho l’impressione che a livello pubblico la professione dello psicologo sia ancora considerata in qualche modo inferiore rispetto ad esempio ad un medico o ad un avvocato e che per questo motivo si reputi che dovrebbe essere pagato di meno. Eppure non ne capisco il motivo visto che gli anni di studio, il livello di conoscenze e competenze acquisite e l’esperienza sono confrontabili nei diversi lavori, ciò che cambia è solo l’ambito. Mi viene inoltre il dubbio che questa convinzione si leghi al fatto che lo psicologo non è ancora considerato come una figura necessaria per la salute e il benessere delle persone. Di questo aspetto in particolare ho già scritto in un mio precedente post sul ruolo dello psicologo, che potete andare a consultare.
Per fare infine un po’ di chiarezza su questo argomento posso precisare che i prezzi di una seduta con uno psicologo sono variabili per tanti motivi ma in alcuni casi si tratta di cifre assolutamente abbordabili mentre in altri superiori. Tali differenze sono dovute ad una serie di fattori che provo ad elencarvi: zona in cui si eroga il servizio (ci sono differenze per esempio tra nord e sud Italia e tra città e paesi di provincia), psicologo o psicoterapeuta (il secondo ha un livello di formazione maggiore e maggiori competenze per cui può avere un tariffario più alto), anni di esperienza (chi lavora da più tempo, di solito, ha un tariffario maggiore rispetto a chi ha appena cominciato a lavorare), grado di riconoscimento da parte del pubblico (chi viene riconosciuto come più esperto in un certo ambito può avere un tariffario più alto), tipo di prestazione richiesta (una semplice consulenza può avere costi diversi da una terapia) e molti altri fattori ancora. Aggiungo poi che forse non tutti sanno che gli psicologi, appartenendo ad un Ordine, sono regolati rispetto al loro tariffario e che è possibile consultarlo sui siti internet. Per il Veneto per esempio il sito in cui potete trovare queste informazioni è: www.ordinepsicologiveneto.it. Penso che la possibilità di accedere liberamente a questa informazione dipanerà ogni dubbio perché ognuno potrà verificare se la cifra che gli è stata richiesta è in linea che la regolamentazione vigente.
Io credo che se consulterete il tariffario in vigore avrete una gradita sorpresa e forse vi ricrederete sulla categoria degli psicologi. A presto con un altro pregiudizio e buon week end!
Questo è forse l’unico pregiudizio che viene mosso alla mia categoria professionale che in parte capisco e accetto. Bisogna ammettere che in Italia, per molti anni, si è sentito parlare solo di terapie di lunghissima durata, a volte addirittura decennale o ventennale. Ma è così anche oggi???
E’ assolutamente vero che esistono percorsi psicoterapeutici che si protraggono per molto tempo (di solito fanno riferimento ad un particolare approccio), ma è anche vero che, nonostante il ritardo rispetto ad altri paesi, finalmente anche in Italia sono riconosciuti e stanno prendendo sempre più piede anche altri modelli, di ben altra durata temporale. Probabilmente ciò accade anche in virtù del cambiamento dei tempi e delle diverse necessità da parte della società. Non starò ora a farvi l’elenco di tutti gli approcci psicoterapeutici e delle loro tempistiche perché, come al solito, preferisco parlare solo di ciò che conosco direttamente e applico nel mio lavoro.
Siccome mi rifaccio al modello teorico della psicoterapia cognitivo comportamentale, posso affermare che secondo questo approccio un percorso terapeutico può durare tra i 4 e i 12 mesi a seconda del caso. Si tratta quindi di un percorso a breve termine e ciò è possibile perché terapeuta e paziente collaborano per la risoluzione di un problema presentato qui ed ora. I colloqui sono solitamente a cadenza settimanale e più che la durata della terapia, aspetti importanti sono la costanza e la continuità. Ovviamente non tutti i casi sono uguali e quando il livello di gravità è alto il tempo di cura può prolungarsi oltre l’anno. In questi casi di solito si integrano anche altre forme di trattamento e la farmacoterapia, se necessari.
Con queste poche e semplici informazioni spero che il punto di vista sulla durata della psicoterapia posso cambiare. Prima di salutarvi però ci terrei a sottolineare una cosa: tempi brevi di psicoterapia sono possibili ma un’unica seduta NO! Lo dico perché capitano pazienti che chiedono un unico colloquio nella speranza di avere una soluzione immediata ai loro problemi, ma ciò non è possibile. Noi psicologi e psicoterapeuti non siamo maghi, non leggiamo la mente, non abbiamo bacchette magiche o sfere di cristallo per risolvere in un colpo solo i problemi della gente. Se avessimo in tasca la soluzione di ogni problema sarebbe una fortuna per tutti e il mondo sarebbe diverso, ma questi sono solo sogni ed illusioni. Quello che possiamo realisticamente fare è mettere a disposizione le nostre conoscenze per aiutare le persone a vedere i problemi da un altro punto divista e trovare da sé delle soluzioni oltre che migliorare il benessere e l’equilibrio interiore. Il massimo che possiamo fare in una sola seduta è inquadrare molto bene il problema che ci è stato esposto dal paziente e descriverlo in maniera puntuale in modo che possa avere una visione più chiara di sé e della sua situazione da cui poter partire. Il percorso terapeutico se necessario viene dopo e richiede per forza più tempo. Le “terapie fast food” non esistono, tenetelo a mente!