PREGIUDIZIO 4: “Io sono fatto così, è impossibile cambiare!”

10 pregiudizi psicologo

Continuiamo a sfatare vecchi pregiudizi. E’ vero che non si cambia? Beh, questa idea mi sembra si possa confutare facilmente. Tutti noi cambiamo continuamente: cambiamo idea, cambiamo ciò che sentiamo, cambiamo comportamento, cambiamo amici e partner, cambiamo progetti di vita e stili di vita. E meno male che è così, aggiungo. C’è ancora qualcuno convinto del contrario? Se sì, parliamone.

Cominciamo col definire che cos’è il cambiamento. Il cambiamento è la normale risposta con cui un sistema vivente supera gli ostacoli che un ambiente pone al raggiungimento dei propri scopi. Cambiare quindi ci permette di adattarci meglio al contesto in cui viviamo e di raggiungere i nostri scopi. Il cambiamento quindi può essere dovuto a fattori esterni o ad una motivazione interna. Facciamo degli esempi. Si può decidere di smettere di fumare, quindi cambiare un comportamento, un’abitudine, per migliorare il proprio stato di salute. Si può decidere di chiudere una relazione sentimentale perché non risponde più ai nostri bisogni, desideri, aspettative. Si può cambiare ideologia politica se ci si rende conto che provoca danni per sé e per gli altri come la storia ci insegna. Possiamo infine cambiare tutto di noi se ci troviamo ad affrontare eventi traumatici o catastrofici come la guerra o una calamità naturale. Ecco perché prima commentavo che è una fortuna che si possa cambiare. Se così non fosse probabilmente saremmo estinti.

Acclarato quindi che si può cambiare ed è un bene per tutti noi, è possibile che chi è convinto del contrario in realtà abbia qualche difficoltà a cambiare: in psicologia si parla di resistenza al cambiamento. Cerchiamo di capirne i motivi. I motivi posso essere tanti e diversi:

  1. Scarsa consapevolezza di sé per cui una persona non si rende conto che potrebbe cambiare oppure che già sta cambiando ma percepisce solo confusione e senso di non appartenenza alla vita che conduce;
  2. Paura del cambiamento e difficoltà ad assumersi dei rischi per proteggere la propria identità e perché spesso cambiare significa buttarsi in qualcosa di nuovo e ignoto;
  3. Sfiducia e pessimismo verso sé stessi e le proprie capacità rispetto alla possibilità di cambiare;
  4. Senso di colpa per cui non ci si ritiene di avere il diritto di cambiare;
  5. Attribuzione esterna di tutto ciò che accade per cui si è convinti che siano gli altri o l’ambiente a dover cambiare.

Tutti questi motivi ci fanno capire che non tutti sono ugualmente disposti al cambiamento e non tutti riescono a mettersi in gioco. Le difficoltà di queste persone vanno comprese e accolte, ognuno con i suoi tempi. Tuttavia spero, con questo breve testo, che il cambiamento possa ora essere visto come qualcosa di possibili e di positivo. Ci risentiamo presto per confutare un altro mito.

“Antifragilità”: il superamento del concetto di resilienza

Leggendo il saggio Antifragile di N.N.Taleb (ed. il Saggiatore 2013) mi sono imbattuto nel concetto di “Antifragilità”. Sappiamo che la nostra incapacità di comprendere a fondo i fenomeni umani e naturali ci espone al rischio degli eventi inaspettati, tuttavia l’incertezza non è solo una fonte di pericoli da cui difendersi ma possiamo trarre vantaggio dal disordine e persino dagli errori ed essere quindi antifragili. “Antifragilità” è un concetto che non vuole negare alle persone la possibilità di essere fragili e che esserlo sia sbagliato. Al contrario per “Antifragilità” Taleb intende la capacità delle persone di resistere agli errori e agli eventi inaspettati con la spinta a trarre vantaggio dagli scossoni, le persone prosperano quando sono esposte a fattori di stress. Concetto che si avvicina al significato di resilienza, tuttavia spiega Taleb, ciò che è resiliente resiste agli shock, l’antifragile migliora e trae profitto dalla casualità e dalle esperienze dolorose. Il concetto fondamentale è che il nostro corpo e la nostra psiche prosperano con una certa dose di fattori di stress e volatilità. “Se trascorressimo un mese a letto ci verrebbe un ‘atrofia muscolare – spiega Taleb – allo stesso modo quando sono privati dei fattori di stress, i sistemi complessi ne escono indeboliti”. A partire da queste considerazioni la persona “antifragile” ci insegna ad amare il caso e l’incertezza, ad amare l’errore o certi tipi di errori perchè l’evitamento dei fattori di stress paradossalmente ci rende più fragili e meno robusti: con la giusta quantità di stress e disordine tutto ciò che viene dal basso (bottom-up) fiorisce…(tratto da Antifragile di Nicolas Nassim Taleb)

 

Intervista a Radio Verona della dr.ssa Pinton Michela sul DOC

In questa intervista si parla della differenza tra psicologia e psicoterapia e del Disturbo Ossessivo Compulsivo.

In particolare vengono descritti i sintomi che caratterizzano il DOC, la sofferenza psicologica causata dal disturbo e le possibilità di cura.

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