Stiamo meglio noi o stanno meglio loro?

Ciao a tutti,
dopo la pausa estiva eccomi di nuovo a scrivervi. Perdonate l’assenza ma una pausa ristoratrice era necessaria.
Quando si rientra dalle vacanze si tende a fare un bilancio di come sono andate e di quello che ci hanno regalato o almeno io faccio così, perciò vorrei condividere con voi i miei pensieri.
Questa estate ho fatto un lungo viaggio in un angolo remoto dell’Africa, ovvero a Capo Verde. Da molto tempo avevo desiderio di visitare questo paese e di immergermi in un ambiente e una cultura profondamente diversi da quelli europei e finalmente mi sono decisa. Infatti non ho scelto di chiudermi in uno dei fantastici resort 5 stelle che si possono trovare in quelle località ma ho vissuto per un paio di settimane in una città (Mindelo), in una delle isole più remote dell’arcipelago di Capo Verde (Sao Vincente).
Per poco tempo ho provato a vivere come vivono i capoverdiani, anche se le mie condizioni erano decisamente superiori alla maggiorparte di loro. Ho cercato per quanto mi fosse possibile di immergermi nel loro stile di vita e così ho mangiato i piatti che cucinano loro, ho visitato tutti i luoghi dell’isola, anche i paesini più sperduti e poveri, ho preso aiass (bus del luogo), alugher (pulmini del luogo) e taxi, ho ascoltato e ballato la loro musica, ho cercato di imparare o almeno capire la loro lingua (il creolo) e perfino ho cercato di pettinarmi come loro. Mi sono poi fatta raccontare tutto su come vivono, che lavori fanno, dove e come studiano, che tradizioni hanno.
Devo ammetterlo che il primo impatto è stato molto forte, mi sembrava di essere un’aliena caduta su un pianeta sconosciuto. Era tutto diverso, era difficile comunicare non conoscendo la loro lingua e adattarsi alle loro regole, ma un pò alla volta ci sono riuscita e alla fine della mia vacanza, avrei tanto voluto avere più tempo per fare e vedere più cose!!!
Un mio amico l’ultima sera prima di tornare in Italia mi ha chiesto: “Cosa ti porti a casa da questo posto e da questa esperienza?” E’ proprio questa mia riflessione che voglio condividere con voi.
Ho risposto che mi portavo a casa tre cose:
1. Un diverso senso del tempo, molto più dilatato, molto più lento. Avete presente il detto “non rimandare a domani ciò che potresti fare oggi”? Bene i capoverdiani hanno la filosofia esattamente opposta: “non ti assillare e non correre per fare tutto oggi, tanto c’è anche domani”. Questo modo di pensare è chiaramente visibile in tutto quello che fanno giorno per giorno, per esempio hanno 4 o 5 modi di dire diversi quando ti danno un appuntamento a seconda di quanto tempo ci metteranno per arrivare e ve lo garantisco hanno tempi lunghissimi, Non c’è fretta!!!
2. La calma e il relax. E’ vero che io ero in vacanza e potevo prendere tutto con molta calma, ma la calma era tutta intorno a me, era in tutte le persone che incontravo. Erano tutti pacifici, anche mentre lavoravano. Non ho visto nessun cameriere correre o automobilista innervosirsi per strada (anche se guidano come pazzi) o commesso stressato. Visto il concetto dello scorrere del tempo che hanno sono tutti molto tranquilli. Un altro loro motto: “non c’è niente che devi fare, si deve solo morire”.
3. Il sorriso. Capo Verde è un paese dell’Africa che, nonostante il turismo, è molto povero. Il salario medio è di 150 euro al mese. In città ci sono delle case decenti ma nei paesini le case sono degli ammassi di mattoni o delle baracche senza elettricità, acqua corrente e fognature. Per lo più vivono di pesca e poco altro o con i soldi che gli emigranti inviano alle famiglie. Non c’è nulla in quelle isole per passare il tempo, neanche un cinema (che tanto non lo potrebbero pagare). Eppure sono felici, sono tutti sorridenti, a volte perfino un pò chiassosi ma divertenti! Per strada e ovunque vai ti salutano tutti e se ti fermi, ti parlano tutti e ti trasmettono il loro buon umore. Il loro sorriso è contagioso!
Queste tre cose mi hanno fatto pensare molto perchè credo siano tre elementi che a Verona, ma non solo, in Veneto, In Italia, in Europa, in occidente tendono a scarseggiare.
Provate a pensarci, noi siamo sempre di corsa, abbiamo sempre mille cose da fare, dobbiamo sempre programmare tutto per riuscire a far tutto e siamo per la maggiorparte del tempo stressati, preoccupati, tesi per non dire ansiosi o depressi in molti casi. Certo abbiamo un sacco di cose, lavori importanti, vestiti, accessori, oggetti, case, teatri, concerti, cinema e chi più ne ha più ne metta, ma siamo felici???
Lì ho visto bambini giocare in una laguna con un frigorifero vecchio e arrugginito ed erano felicissimi.
Noi abbiamo il tempo, la pace e il sorriso???
Io ho osservato attentamente le persone intorno a me quando sono tornata in Italia e…….insomma!!!
Allora adesso vi giro la domanda fatidica: “Stiamo meglio noi o stanno meglio loro?”
Io ci ho pensato ed ho trovato la mia risposta, sta tutta nel mal d’africa che mi è venuto quando sono tornata, ma voi cosa ne pensate? Spero vorrete condividere con me e con chi legge il vostro pensiero. A presto con un altro post e buona ripresa dalle vacanze!!!

dav

Buona Pasqua!

Ciao a tutti, il Centro di Psicoterapia Scaligero si prende qualche giorno di pausa per le vacanze pasquali. L’equipe augura a tutti di un pò di meritato riposo per ricaricare le batterie e tante emozioni piacevoli da condividere con le persone più care. Questa è la ricetta che seguiremo anche noi!

Buona Pasqua.

La dr.ssa Pinton Michela risponde. Argomento: i comportamenti di autoerotismo nell’infanzia.

Ciao a tutti,

anche questa settimana vorrei proporvi la mia risposta ad una domanda che mi è arrivata qualche tempo fa via mail da una mamma preoccupata rispetto ai comportamenti di autoerotismo della figlia di 6 anni. Probabilmente vi starete chiedendo se anche i bambini piccoli possono avere comportamenti di autoerotismo e se possono provare piacere. Ebbene sì! Ma qual è il significato di questi comportamenti? Leggete il seguito e forse vi farete un’idea. Se poi vi va di aggiungere un vostro commento o fare qualche altra domanda, postate pure. Buona lettura e a presto.

“Buon giorno sono la mamma di A. Ho bisogno di comprendere un atteggiamento di mia figlia di 6 anni. Lei quando è stanca, o quando io e mio marito bisticciamo, cerca di fare “cavallino”, infatti adora andare a cavallo. Ciò che chiamo “cavallino” mi sembra un atteggiamento non di gioco, ma un massaggiare le parti intime. E’ normale, e cosa devo fare o dire quando lo fa? Mio marito si arrabbia con lei, io cerco di farla smettere distraendola. Cosa possiamo fare?”

Cara mamma di A.

Non è insolito che i bambini usino dei comportamenti di autoerotismo a scopo consolatorio e per sentirsi meglio, grazie alle sensazioni piacevoli che ne derivino. Pertanto eviterei sgridate o punizioni che la bambina non comprenderebbe. Sarebbe confusa dal vostro atteggiamento negativo perché si chiederebbe cosa sta facendo di male. In effetti non c’è nulla di sbagliato in questi comportamenti, vanno solo indirizzati meglio. Dovete fare in modo che vostra figlia capisca che anche i litigi fanno parte della vita di coppia e che non intaccano l’amore tra di voi e dovreste anche aiutarla a capire che si possono affrontare in modo diverso i momenti spiacevoli della vita, per esempio parlandone con le persone care ed esprimendo le proprie paure. E’ proprio questo che vostra figlia sta facendo: sta esprimendo un disagio. Tocca a voi aiutarla a trovare un modo migliore e più utile per esprimere le sue sensazioni e i suoi pensieri. Buona giornata.

Dr.ssa Michela Pinton

La dr.ssa Pinton Michela risponde. Argomento: l’attaccamento madre/bambino

Qualche tempo fa ho condotto una serata sul tema “L’attaccamento madre/bambino” e successivamente ho ricevuto una mail da una mamma che era presente in sala.Vorrei condividere con voi la domanda che mi è stata posta e la mia successiva risposta. Buona lettura e se avete commenti, riflessioni o ulteriori domande da condividere postate pure!

Buon pomeriggio Dottoressa,

in relazione all’argomento di ieri sera sull’attaccamento madre – figlio, visto gli studi e la possibile “catalogazione” dei comportamenti dei bambini durante il distacco dalla figura di riferimento, mi permetta una domanda personale. Ho due maschietti di 9 e 6 anni, con caratteri diametralmente opposti ma anche accomunati da una poca autostima di fondo e timidezza ma forse propria dell’età. L’inserimento all’asilo è stato diverso per entrambi: il primo ha pianto molto e non si è mai lasciato consolare da maestre ed educatrici, uscito dall’asilo voleva solo venire a casa e solo io potevo andare a portarlo e a riprenderlo a scuola, ma passato il primo periodo, il senso del dovere o non so se una maturità accentuata, ha portato Riccardo a fare sempre ogni cosa bene e con rigore senza più una lacrima restando sempre e (difficoltà anche a mangiare alla mensa, solo la mamma è brava a fare il pranzo diceva!) comunque a distanza da carezze e abbracci delle educatrici (diffidente di natura).

Il secondo, grande capriccioso e allattato al seno fino ai due anni e mezzo, grande dittatore se mi è concesso (ancora ora durane la notte viene nel lettone) ha iniziato l’asilo presto proprio per eliminare l’allattamento al seno, per mio rientro al lavoro e perché bambino con grande autocontrollo dei bisogni fisiologici richiesti per l’inserimento precoce alla scuola materna. Ho praticamente lasciato che il fratellino più grande mi aiutasse nel suo inserimento a scuola che tutto sommato non è stato costellato da pianti di disperazione come il primo. Ora Le chiedo perché, nonostante quest’ultimo figlio (Francesco) conosca bene l’ambiente, le suore, i compagni, ancora tenderebbe a piangere quando lo lascio la mattina a scuola e perché se tardo nell’andare a prenderlo piange e crede che la mamma si sia dimenticata di lui?

Nonostante il lavoro sono una mamma molto affettuosa e presente. Vorrei solo trovare il modo per rassicurarlo e farlo rilassare e anche maturare in vista anche della scuola elementare di settembre.

La ringrazio sinora se potrà darmi attenzione….

Con stima.

Gentile Sig.a,

le premetto che in poche righe di mail non è possibile inquadrare bene una situazione e di sicuro, non conoscendo bene né lei né i bambini, sarebbe poco professionale da parte mia dare delle soluzioni. Peraltro il mio compito non è quello di dare risposte e soluzioni alle persone ma aiutarle a comprendere meglio gli eventi di vita vissuti e individuare strategie efficaci per affrontarli e superarli. Di conseguenza quello che posso fare per rispondere alla sua mail è offrirle degli spunti di riflessione con la speranza che l’aiutino a vedere le cose da un punto di vista alternativo o che le suggeriscano una visione nuova del problema.

Leggendo ciò che mi ha scritto mi sono venute in mente alcune cose:

  1. riprendendo il discorso fatto al seminario i bambini nascono con delle caratteristiche di temperamento innate e specifiche ma, nel corso dello sviluppo, è l’interazione tra fattori genetici e fattori ambientali che forma il loro carattere e la loro personalità. Questo per farle capire che buona parte la giocano le interazioni con gli adulti di riferimento e le esperienze di vita vissuta;
  2. lei giustamente descrive i due bambini con caratteri molto diversi perché mostrano un temperamento e un modo di affrontare gli eventi diversi ma personalmente mi salta all’occhio il tratto comune che hanno, ossia la difficoltà a staccarsi da lei, ad opporre resistenza anche se con comportamenti differenti;
  3. mi dà da pensare il fatto che nonostante il trascorrere di un tempo lungo questi bambini vivano ancora con disagio il distacco da lei e non riescano ad ingaggiare relazioni d’attaccamento con le persone che si occupano di loro (maestre);
  4. mi viene infine questa domanda da farle…ma lei invece come vive il distacco dai suoi figli quando li porta a scuola e nel tempo che trascorre lontano da loro? E’ serena nell’affidarli alle cure delle maestre oppure no?

Forse la risposta a questa domanda potrebbe chiarire meglio la situazione e aprire la strada ad una soluzione. Spero di essere riuscita a spiegarmi. Qualora sentisse il bisogno di un colloquio, resto a sua disposizione.

Cordiali saluti

Dr.ssa Pinton Michela

mamma che tiene in braccio bambino neonato