SI RIPARTE!!!

Ciao a tutti,

l’estate sta finendo e il Centro di Psicoterapia Scaligero riprende le consuete attività annuali tra cui la pubblicazione di articoli su questo sito.

Ci auguriamo che sia stata un’estate intensa e ricca di occasioni speciali per tutti.

Sicuramente lo è stata per la dr.ssa Pinton Michela che proprio questa estate è stata intervistata alla radio Story Time.

Oggi vi proponiamo un piccolo stralcio per cominciare in cui la dottoressa parla di psicologia. Prossimamente verrà pubblicata la versione integrale.

Buona visione e restate connessi!!!

FORMAZIONE SULL’INCLUSIONE

Ciao a tutti,

in vista di un nuovo progetto per l’inclusione di bambini e ragazzi disabili presso i Centri Estivi che coordino, ho partecipato ad una formazione ad hoc sull’argomento.

Gli argomenti sono stati molto interessanti e sicuramente con i miei colleghi prenderemo spunto da quanto appreso.

Si apre così una nuova declinazione del mio lavoro.

Non vedo l’ora di cominciare una nuova estate!!!

Per chi volesse avere informazioni rispetto a questo progetto di inclusione ai Centri Estivi, può contattarmi.

Restate connessi!!!

Dr.ssa Pinton Michela

o

PROGETTO DI PREVENZIONE AL BULLISMO E CYBERBULLISMO

Ieri si è concluso il progetto di prevenzione al bullismo e cyberbullismo da me condotto nelle scuole primarie di un Istituto Comprensivo.

I temi trattati riguardavano le caratteristiche del fenomeno bullismo, i diversi ruoli e vissuti emotivi di chi è coinvolto in questo tipo di situazioni e alcune possibili strategie di fronteggiamento.

Il tutto è stato trattato in forma di gioco vista l’età dei bambini ma i contenuti sono arrivati tutti.

Il riscontro da parte di alunni e insegnanti è stato molto positivo e per questo ringrazio tutti. Ringrazio i bambini per il loro entusiasmo e perchè sono una scoperta continua per me e ringrazio le insegnanti per la loro attenzione al tema e per il sostegno che mi hanno dato.

Questa esperienza positiva ha rinforzato in tutti l’idea che certi interventi non solo siano utili ma necessari e che bisognerebbe dedicarci più tempo e risorse di quanto sia stato fatto finora.

E’ ciò che ci siamo augurati tutti e chissà, forse il prossimo anno scolastico riusciremo a fare ancora meglio!

Intanto l’anno scolastico volge al termine ma RESTATE CONNESSI!

Dr.ssa Pinton Michela

INCONTRO DIVULGATIVO SUI PAC: IL CONCETTO DI MULTIFATTORIALITA’

Ciao a tutti,

di recente ho tenuto degli incontri online con genitori e insegnanti sui PAC (problemi di aggressività e condotta). In un mio precedente post vi ho parlato della differenza tra rabbia e aggressività e oggi vorrei introdurre il concetto di multifattorialità.

Mi capita spesso, entrando in contatto con genitori di bambini/ragazzi che manifestano problemi psicologici, di notare una certa resistenza a chiedere aiuto se non addirittura un evitamento totale ad affrontare il problema. Quando però riesco ad instaurare un rapporto di fiducia ed alleanza, riesco a comprendere i motivi che stanno alla base di questi comportamenti. Mi rendo conto che questi genitori provano una serie di emozioni spiacevoli come ansia, preoccupazione, angoscia etc. ma anche un grandissimo senso di colpa.

Eh sì! Perché vuoi o non vuoi un genitore si sente sempre responsabile per il proprio figlio e per la sua salute, anche quella mentale. E così il senso di colpa spesso si accompagna a pensieri del tipo: “Sono un cattivo genitore, sono inadeguato, ho sbagliato tutto, sono troppo…. o sono troppo poco…., se mio figlio ha dei problemi e tutta colpa mia!”

È comprensibile che con queste idee e queste emozioni in gioco un genitore possa mettere in atto comportamenti controproducenti come l’evitamento o il rifiuto ad accettare ed affrontare il problema.

Il fatto è che le cose non stanno proprio così, solo che i genitori non lo sanno. Il problema nasce dal fatto che spesso i genitori non conoscono il concetto di multifattorialità ma niente paura perché colgo questa occasione per spiegarlo.

Fare diagnosi di psicopatologia in età evolutiva non è cosa facile perché i fattori che concorrono al suo sviluppo sono molteplici: fattori individuali, trasformazioni maturative, caratteristiche familiari, fattori sociali e fattori culturali. Tutti questi fattori si possono dividere in due tipi: i fattori protettivi (eventi favorevoli nella vita di una persona) e fattori di rischio (eventi sfavorevoli nella vita di una persona). È l’interazione tra questi due tipi di fattori che determina l’eventuale sviluppo di una psicopatologia e la sua manifestazione. Più fattori di rischio sono presenti e predominanti più aumenta il rischio di una psicopatologia.

Ciò significa che non è mai un unico fattore a determinare lo sviluppo di un disturbo con un nesso di causa effetto ma si tratta sempre della combinazione di più fattori di rischio.

Tornando quindi al mio discorso sui genitori, provo a fare un esempio. Lo stile educativo genitoriale può diventare un fattore di rischio. Per esempio genitori troppo permissivi o iperprotettivi o incoerenti, rifiutanti o coercitivi possono concorrere allo sviluppo di un problema di aggressività e condotta nel bambino/ragazzo ma non come unico fattore. Serve che oltre a questo fattore di rischio che riguarda lo stile educativo genitoriale si sommino anche altri fattori, individuali o ambientali. Se questo invece fosse l’unico fattore di rischio presente non si manifesterebbe il problema perché in questo caso i fattori protettivi sarebbero in numero maggiore e concorrerebbero a sanare la situazione.

Se sono riuscita a spiegare il concetto di multifattorialità i genitori a questo punto dovrebbero sentirsi un po’ più sollevati perché dovrebbe risultare chiaro che sebbene il loro contributo sia importante tuttavia non è determinante nello sviluppo di una psicopatologia nel figlio. Spero che questa consapevolezza possa alleggerire il senso di responsabilità e far sì che si possa accettare ed affrontare meglio una diagnosi di psicopatologia in età evolutiva. Di sicuro ignorare o rifiutare il problema non lo risolve anzi può aggravare molto la situazione se passa molto tempo prima di un reale intervento. Mi auguro questa piccola informazione che ho dato oggi possa aiutare.

A presto con un nuovo articolo e mi raccomando…RESTATE CONNESSI!

Dr.ssa Pinton Michela

LA RABBIA E L’AGGRESSIVITA’.

Ciao a tutti, come ricorderete le scorse settimane ho tenuto degli incontri divulgativi sui problemi di aggressività e condotta rivolti a docenti e genitori.

Sono molto contenta della partecipazione e dell’interesse che hanno suscitato anche se ciò significa che l’argomento oramai tocca davvero molte persone e si tratta quindi di un problema diffuso.

Visto che utilizzo questo canale per divulgare contenuti che riguardano la psicologia e la psicoterapia, come promesso, condividerò anche con voi alcuni degli argomenti trattati.

Il primo è la differenza tra rabbia e aggressività.

Spesso nel linguaggio comune rabbia e aggressività sono usate come sinonimi e spesso confuse l’una con l’altra eppure sono cose molto diverse.

La rabbia è un’emozione, un processo complesso che coinvolge tutto il nostro corpo, qualcosa che sentiamo dentro di noi. È una delle 5 emozioni di base come tristezza, gioia, paura e disgusto ed è pertanto innata e universale. Ha un valore adattivo ovvero ci aiuta a ristabilire il senso di giustizia quando è venuto a mancare. Ha quindi una sua funzione e possiamo dire che nella storia evolutiva dell’uomo è stata utile alla sua sopravvivenza.

Certamente la rabbia, come tutte le emozioni, può essere una molla che ci spinge ad agire ma le possibilità di azione possono essere le più diverse, dalla rivoluzione francese alla disobbedienza civile di Gandhi.

Passo allora a parlarvi dell’aggressività. L’aggressività è un comportamento intenzionale volto a infliggere un danno e/o causare sofferenza ad altre persone. Ciò significa che l’aggressività può diventare problematica e disfunzionale. Può portare le persone a pensare in modo irrazionale e a comportarsi in modo rischioso e imprevedibile per sé stessi e per chi sta loro vicino.

Gli effetti negativi dell’aggressività sono il motivo per cui spesso si giudica negativamente anche la rabbia, ma ripeto la rabbia è un’emozione, è solo qualcosa che sentiamo dentro di noi per un motivo preciso. Non è un comportamento, un’azione e di conseguenza non ha senso giudicarla.  In quanto emozione va solo vissuta, accettata e compresa nella sua funzione. Diverso è per l’aggressività.

Spero di essere stata abbastanza chiara ed esaustiva in questa mia spiegazione e spero che queste informazioni possano tornarvi utili.

A presto con un nuovo argomento e mi raccomando….RESTATE CONNESSI!

Dr.ssa Pinton Michela

INTERVISTA DEL DR. PASETTO SULLA VIOLENZA DOMESTICA

Salve a tutti,

vi proponiamo una seconda intervista, diffusa sui media qualche settimana fa, del dr. Pasetto, uno dei maggiori esperti sul territorio veronese sul tema della violenza domestica.

Siamo lieti di divulgare informazioni su questo tema di attualità perchè riteniamo che sia importante mantenere alta l’attenzione di chi ci segue.

Restate connessi!

VIOLENZA DOMESTICA

Un tema che purtroppo è sempre attuale: la violenza domestica! Una piaga sociale di cui bisognerebbe occuparsi costantemente e non solo a seguito di fatti di cronaca.

Il dr. Andrea Pasetto, noto esperto di questa materia, che opera sia in ambito pubblico che privato proprio su questi casi nel territorio veronese, fa parte della nostra equipe.

Per questo motivo vi proponiamo una sua recente intervista proprio sul tema della violenza domestica al fine di sensibilizzare i nostri utenti e di informarli su aspetti importanti che riguardano questo fenomeno.

Buona visione!

PERCHE’ LOTTIAMO CONTRO LE NOSTRE EMOZIONI?

Ciao a tutti, ancora una volta torno a parlarvi di emozioni perché credo sia un argomento che tocca tutti. Oggi vorrei concentrarmi sul motivo per cui spesso ingaggiamo una vera e propria lotta contro le nostre emozioni e sugli esiti di questa lotta.

Innanzitutto vi ricordo cosa sono le emozioni: un processo che coinvolge l’intero nostro organismo e che comprende diversi aspetti dall’espressione facciale, alle sensazioni corporee, all’impulso all’azione e alla valutazione cognitiva. In relazione alle sensazioni fisiche molte emozioni assumono un tono edonico negativo ovvero vengono percepite come spiacevoli, sgradevoli o fastidiose da provare. Per esempio le persone che provano ansia trovano sgradevoli le sensazioni come la fame d’aria, il senso di oppressione al petto o la confusione mentale, le persone che provano tristezza si sentono stanche, prive di energie e interessi e non vorrebbero sentirsi così, le persone che provano vergogna non vorrebbero sentire il rossore che avvampa sul loro volto. Quindi uno dei motivi per cui le persone tollerano poco le loro emozioni è il tono edonico negativo.

Un altro motivo sono alcune credenze o convinzioni diffuse sulle emozioni di cui ho già parlato in un mio passato articolo. Ne riporto qualcuna tra le più consuete: “Non dovresti provare certe emozioni”; “Provare certe emozioni è segno di debolezza”, “Dovresti saper controllare le tue emozioni”, “Se provi certe emozioni hai qualcosa che non va”, “Dovresti cercare di sbarazzarti delle emozioni negative”. Questi miti sulle emozioni sono molto diffusi, chi non si è mai trovato a pensare una di queste frasi alzi la mano!

Di conseguenza, un po’ perché certe emozioni sono spiacevoli da provare, un po’ per come si considerano o addirittura giudicano le emozioni, spesso le persone ingaggiano una vera e propria lotta contro di esse in modo da controllarle, bloccarle, ridurle o eliminarle del tutto. Usano qualsiasi mezzo per riuscirci, dalla semplice distrazione o cercare di pensare positivo a sistemi che possono risultare dannosi per la salute, come bere, abbuffarsi, assumere sostanze.

Vorrei poter chiedere a chi ha letto fino a qui questo articolo, se ha mai tentato di controllare le sue emozioni in qualche modo e con quale esito. Mi piacerebbe leggere i vostri commenti in proposito ma intanto provo a rispondere io per la mia esperienza di vita e professionale.

In genere la risposta è del tipo: “Sì ci ho provato e per un po’ di tempo sembrava funzionare ma poi le emozioni sono tornate anche più intense e frequenti di prima”.

Quel che succede di solito quando si lotta contro le proprie emozioni è il cosiddetto effetto paradosso, ovvero più cerco di bloccare, inibire, eliminare le emozioni più queste si presentano più forti e più spesso di prima.

L’effetto paradosso è semplice, più cerco di contrastare un’emozione, più ci sto pensando e più ci penso, più in realtà intensifico quella emozione.

Inoltre si tende a non considerare che le nostre emozioni sono l’espressione del nostro patrimonio genetico, perlomeno le emozioni base sono innate e universali quindi è assurdo pensare di poterle eliminare o anche solo controllare.

Per chi fosse interessato, sappiate che esistono tante tecniche che aiutano ad accettare, comprendere e tollerare le emozioni anche quelle più intense e sgradevoli ma si può imparare a fare tutto questo anche solo partendo da una semplice considerazione. Ricordare che le emozioni, tutte le emozioni, hanno una funzione ossia esistono e le proviamo per un motivo. In generale tutte le emozioni hanno la funzione di aiutarci a capire cosa ci succede e a guidare il nostro comportamento. Se cominciamo a vederle in questa veste, come preziose alleate nella nostra vita allora forse rinunceremo alla lotta contro di loro.

Vi invito quindi a scoprire quale può essere la funzione di ogni emozione che provate e vi raccomando….restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela

QUELLO CHE SIAMO OGGI DIPENDE DA COME CI HANNO CRESCIUTO I NOSTRI GENITORI?

Una riflessione nata dalla visione del film “Il Divin Codino”, biografia di Roberto Baggio.

Ciao tutti, non so se è capitato anche a voi ma qualche settimana fa ho visto il film “Il Divin Codino”, una biografia della vita del calciatore Roberto Baggio. Il lavoro introspettivo fatto su questo personaggio mi ha fatto riflettere su una particolare questione che vorrei condividere con voi: quale e quanta parte hanno i nostri genitori in quello che diventiamo una volta adulti? Noi siamo il risultato di come ci hanno cresciuto i nostri genitori?

Questo è una domanda con cui mi confronto spesso nella mia professione visto che mi occupo di età evolutiva e lavoro sia con bambini/adolescenti che con i loro genitori. Vorrei usare la rappresentazione del rapporto padre e figlio che è stata proposta in questo film per rispondere a questa domanda.

Nel film il padre di Baggio appare come un uomo tutto d’un pezzo, grande lavoratore, capace di grandi sacrifici per sostenere una famiglia con ben otto figli, dal carattere duro, severo, poco affettivo nei gesti e nelle parole ma sempre presente soprattutto nei momenti di difficoltà. Roberto sembra avere molto rispetto ma anche molta soggezione del padre. Si impegna tantissimo nella speranza di essere riconosciuto dal padre per il suo valore, finendo però, la maggior parte delle volte, sentendosi non all’altezza delle aspettative, non abbastanza bravo. Questo lo porta ad alzare sempre di più l’asticella delle sue prestazioni e ad ambire a traguardi sempre più alti fin dalla più tenera età.

A più riprese nel corso del film il protagonista ricorda un frammento della sua infanzia, un dialogo col padre avvenuto durante la visione di una finale dei mondiali in cui l’Italia aveva perso contro il Brasile. Roberto vedendo il padre molto deluso per la sconfitta subita dalla nazionale gli fa una solenne promessa: “Vincerò io i mondiali per te contro il Brasile”. All’epoca di questo ricordo Roberto è solo un bambino di 5 anni eppure si fissa nella mente questo impegno solenne e di lì in poi orienta tutta la sua vita a questo scopo con una tenacia e una determinazione eccezionali. Quindi un po’ per la promessa fatta al padre e un po’ perché il padre sembra spingerlo a fare sempre di più e meglio, Roberto intraprende questa sfida con sé stesso per superare ogni limite e ogni ostacolo al massimo delle sue possibilità. La storia ci insegna che lui il suo obiettivo l’ha raggiunto, quella finale ai mondiali col Brasile l’ha giocata!

È a questo punto allora che viene da chiedersi: È stato merito dell’educazione che ha ricevuto da un padre così severo e intransigente se ha ottenuto quel grande risultato e tutti i successi precedenti?”

Ma noi sappiamo anche come è andata a finire quella partita, ricordiamo benissimo quel rigore sbagliato e nel film viene mostrato quanto dolore e quanta delusione Roberto ha provato in quel momento e in seguito.

In questo caso la domanda diventa: “È stata colpa di un genitore troppo esigente, che gli ha messo troppa pressione, se ha commesso quel fatale errore nel momento più importante della sua vita?”

Queste due domande si contraddicono, lo natate anche voi? Quale è allora quella giusta?

In realtà nessuna delle due! Il dialogo finale tra Roberto e suo padre lo chiarisce bene. I due trascorrono una giornata insieme e si confrontano. Roberto è alla fine della sua carriera, sta per lasciare il calcio e fa una sorta di bilancio del suo percorso, mostrando di essere ancora molto deluso per non aver realizzato il sogno di suo padre. A questo punto il padre gli rivela una cosa che sconvolge Roberto e anche i telespettatori del film. Quel ricordo di quando aveva 5 anni e gli aveva promesso di vincere i mondiali in realtà non era mai successo, se l’era inventato e lo aveva fatto per dargli un obiettivo perché lo vedeva un bambino molto insicuro.

Roberto realizza in quel momento di aver incentrato tutta la sua vita, di aver affrontato difficoltà immense per qualcosa di irreale, di inesistente e chiaramente sul momento si arrabbia, è furioso col padre. Poi però ci pensa e la rabbia passa perché realizza che non è stato né per merito né per colpa di suo padre se ha fatto quello che ha fatto e se è diventato quello che è diventato.

Sono tanti gli elementi che hanno contribuito a rendere Roberto Baggio quello che è. In psicologia li chiamiamo fattori e possono essere individuali, come il temperamento, la genetica, le credenze, gli scopi eccetera e ambientali come lo stile genitoriale, la società e la cultura di riferimento, le esperienze che si fanno, le persone significative con cui si intessono relazioni eccetera. È l’insieme di tutti questi fattori che determina ciò che siamo e quello che possiamo diventare.

Certo il padre di Baggio ha contribuito in parte a farlo diventare la persona e il grande sportivo che è diventato ma insieme ad altri mille fattori come il suo temperamento, il suo talento, la sua predisposizione fisica, le persone con cui si è rapportato (moglie, figli, allenatori, giocatori, tifosi), le esperienze che ha vissuto (successi e cadute come i suoi infortuni), il buddismo e così via.

Insomma sono tanti i fattori che entrano in gioco, alcuni li definiamo protettivi perché ci aiutano a star bene e a realizzare noi stessi e i nostri obiettivi, altri li definiamo fattori di rischio perché possono ostacolarci. In ogni caso è la combinazione di tutti questi che ci forma come persone.

Quindi per rispondere alla domanda principale di questo testo, cari genitori ricordate che certamente siete dei fattori importanti nello sviluppo e crescita dei vostri figli ma non siete l’unico fattore e quindi non c’è un nesso di causa effetto tra ciò che fate e come diventano i vostri figli. So di aver affrontato un concetto non facile da comprendere ma spero, con l’aiuto di questo esempio, di essere riuscita in qualche modo a spiegarlo.

Alla prossima allora con un altro argomento e come sempre….RESTATE CONNESSI!!!

Dr.ssa Pinton Michela

10 OTTOBRE 2022: GIORNATA MONDIALE DELLA SALUTE MENTALE

Il centro di psicoterapia scaligero ricorda a tutti che oggi è la giornata mondiale della salute mentale e prova a dare qualche informazione utile in proposito.

Per prima cosa è bene definire che cosa è la salute mentale. La salute mentale è una condizione di sanità, benessere e/o equilibrio di tipo psicologico ed emotivo. Una condizione che permette all’individuo di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali, esercitare la propria funzione all’interno della società, rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, partecipare costruttivamente ai mutamenti dell’ambiente, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni. Secondo l’OMS la salute mentale è parte integrante della salute, ovvero di quello stato di benessere fisico, mentale e sociale di cui tutti dovrebbero poter godere.

Partendo da questa definizione mi preme fare quindi un paio di considerazioni. Salute non significa assenza di malattia o infermità e allo stesso modo salute mentale non significa solo assenza di un disturbo psichico.  Qui si parla di un concetto molto più esteso e di un’ottica più positiva. Questa definizione apre le porte a concetti come prevenzione e promozione del benessere fisico, psichico e sociale dell’individuo a 360°.

Da ciò è abbastanza semplice dedurre che la psicologia e la psicoterapia possono avere un doppio ruolo nei confronti della salute mentale. Uno è quello più conosciuto di valutazione e trattamento dei disturbi mentali ai fini di ridurre segni e sintomi della psicopatologia e di migliorare la qualità di vita dei pazienti. Il secondo è più recente e si rifà allo studio del benessere personale che ha ricevuto un’attenzione crescente negli ultimi trent’anni da parte di medicina, psicologia e sociologia. Nello specifico mi riferisco alla psicologia positiva che ha l’obiettivo di spostare l’attenzione dagli aspetti patologici della persona agli aspetti positivi dell’esistenza umana come emozioni piacevoli, scopi di vita, capacità, potenzialità. Grazie a quest’ottica innovativa la psicologia acquisisce un nuovo compito, quello di guidare e aiutare le persone a migliorare la qualità della loro vita anche in assenza di patologia.

L’impressione è che questa mission della psicologia sia ancora poco conosciuta e presa in considerazione dall’utenza. La tendenza è di rivolgersi agli psicologi/psicoterapeuti solo di fronte ad un disturbo evidente, quando quel disturbo crea sintomi importanti e compromette diverse aree di vita del paziente. È un peccato perché di perde l’opportunità di operare in un’ottica preventiva.

Eppure le iniziative di psicologia positiva promosse dalla categoria degli psicologi ormai sono tante, così come si stanno sempre di più affermando teorie e pratiche psicologiche di evidente efficacia secondo questo orientamento. Io stessa ve ne ho parlato in miei precedenti post. Vi ricordate le terapie di terza generazione?!

Allora con l’occasione di questa giornata vorremmo chiedervi di non pensare che gli psicologi/psicoterapeuti siano professionisti a cui rivolgersi solo in caso di una possibile psicopatologia, pensateli come interlocutori utili anche solo per problemi transitori e di lieve entità o solo come coloro che conoscono strategie e metodi per migliorare la propria vita. Se esiste questa possibilità perché non sfruttarla??? Non siamo più “i dottori dei matti”, non lo siamo più da molto tempo!!!

A presto con un nuovo articolo e restate connessi!

Dr.ssa Pinton Michela