I 10 MITI PIU’ COMUNI SULLE EMOZIONI

Mito n.10: “Mostrare le proprie emozioni è un segno di debolezza!”

Salve a tutti,

eccoci arrivati all’ultimo video del ciclo “I 10 miti più comuni sulle emozioni”. Oggi parliamo del mito n.10: “Mostrare le proprie emozioni è un segno di debolezza!”

Quante volte ho sentito questa frase! È un pregiudizio piuttosto comune e anche datato. Anni addietro era applicato soprattutto al genere maschile e si sentivano frasi del tipo “gli uomini non piangono!”.

Oggi mi capita di sentire pregiudizi simili sia dai maschi che dalle femmine. Molte persone credono infatti che se mostrano le loro emozioni, alcune emozioni in particolare come la paura, la timidezza o la tristezza, per prima cosa verranno giudicati negativamente e in seconda battuta gli altri potrebbero approfittarsi di loro perché in un momento di fragilità.

Ammesso che nella vita può capitare di incontrare delle persone poco sensibili, poco empatiche o addirittura che hanno interesse a ferire gli altri, teniamo presente che si può scegliere di allontanarsi da questo tipo di persone o lasciarle dire senza farci toccare dai giudizi o dalle critiche.

Esprimere le emozioni non significa necessariamente essere vulnerabili!

Mi preme spiegare che l’espressione delle emozioni è fondamentale per relazionarci con le altre persone, è una delle funzioni principali della comunicazione verbale e non verbale. Esprimere le emozioni ci permette di trasmettere dei messaggi su chi siamo, come ci sentiamo, come stiamo vivendo una situazione e cosa vogliamo. Ci permette di influenzare i nostri interlocutori e permette a chi ci è vicino di comprenderci e di darci un feedback. È di conseguenza una parte fondamentale della costruzione e del mantenimento dei rapporti con gli altri.

Inoltre esprimere le emozioni è segno di una grande consapevolezza di sé e paradossalmente di sicurezza, di forza, non di debolezza. Non è vero forse che ammiriamo le persone capaci di esprimere liberamente come si sentono? Queste persone non ci sembrano molto coraggiose?

Allora perché invece quando si tratta di noi stessi crediamo di essere deboli quando mostriamo le nostre emozioni? Temo che si usino due pesi e due misure tra sé e gli altri.

Pertanto, se in futuro avrete dei dubbi sull’esprimere o meno le vostre emozioni, ricordatevi quanto è importante per voi stessi e per le relazioni che intessete con gli altri. Provate a non tenervi tutto dentro o nascondere ciò che sentite ma comunicatelo apertamente e forse resterete stupiti delle reazioni di chi vi circonda.

La prossima settimana parleremo di un nuovo argomento perciò mi raccomando….restate connessi!!!

Dr.ssa Michela Pinton

IL RUOLO DELLA RELAZIONE INSEGNANTE-ALUNNO NELL’APPRENDIMENTO.

Ciao a tutti,

prendendo spunto da una conferenza sulla psicologia scolastica di qualche mese fa, oggi vorrei parlarvi dell’importanza che ha la relazione che si instaura tra un insegnante e un alunno per l’apprendimento.

Numerosi studi attestano che la costruzione di una buona relazione interpersonale tra insegnante e alunno ha delle ricadute positive sull’apprendimento perché migliorano aspetti come l’attenzione, la comprensione, l’interesse e la motivazione allo studio e così via. La costruzione di una buona relazione insegnante-alunno dovrebbe essere quindi la base di partenza su cui impostare la didattica.

Purtroppo non è sempre facile instaurare una buona relazione interpersonale perché entrano in gioco diversi fattori individuali, psicologici, ambientali e culturali che possono porsi come ostacoli a questo obiettivo.

In questo articolo vorrei focalizzare l’attenzione sull’insegnante e su come può agire per creare e mantenere una buona relazione con i suoi alunni.

Non è un compito facile perché l’insegnante si trova immerso in un contesto plurale e non in un rapporto diadico che pure dovrebbe cercare. Inoltre può essere trascinato dal susseguirsi degli eventi e osservare ciò che accade dal suo unico punto di vista, per citare solo alcune difficoltà.

Per ovviare a questi ostacoli uno psicologo scolastico potrebbe offrire la guida e il sostegno necessari per intraprendere la strada giusta, per migliorare aspetti come la reciprocità, la sensibilità, la sincronia da ambe le parti.

Gli interventi che potrebbero essere messi in atto sono molteplici:

  1. Si potrebbe lavorare sulla consapevolezza di sé in termini di emozioni, pensieri e comportamenti che si hanno nei confronti di un alunno. Le emozioni e i sentimenti che si provano verso un alunno hanno un impatto fondamentale sul modo di relazionarsi nei suoi confronti. Conoscere ciò che si prova permette di guidare il proprio comportamento;
  2. Si potrebbe lavorare sulla consapevolezza del proprio comportamento verbale e non verbale per essere sicuri di non inviare messaggi contradditori o negativi;
  3. Si potrebbe lavorare sullo sviluppare una visione dell’alunno basata su episodi specifici piuttosto che su un’idea generale ed avere un occhio più flessibile e aperto rispetto a tutte le caratteristiche dell’alunno stesso, senza focalizzarsi troppo solo su alcuni aspetti;
  4. Si potrebbe lavorare per migliorare il perspective taking, ovvero la capacità di mettersi nei panni degli altri e sulla teoria della mente, ovvero la capacità di leggere la mente dell’altro;
  5. Si potrebbe lavorare sullo sviluppare o migliorare la mentalizzazione dell’insegnante, ovvero la capacità di interpretare i comportamenti propri e altrui.

Come potete capire si potrebbe fare molto e i risultati potrebbero essere molto positivi. Per questo motivo continuo ad auspicare che lo psicologo possa diventare un giorno un elemento imprescindibile del sistema scolastico. Spero che condividiate la mia opinione e che sosteniate con me questa causa.

Per ora mi fermo qui e vi rimando al prossimo articolo. Restate connessi!