L’altro ieri è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Attuativo per il Bonus Psicologo. Leggi il decreto.https://bit.ly/3I0TPq4
Secondo il decreto sarà compito dell’INPS introdurre la piattaforma per raccogliere le domande dei cittadini e informarli sulla procedura per ottenere il Bonus. Si prevede che il tutto sarà predisposto orientativamente per Settembre.
La graduatoria seguirà il criterio di ISEE del cittadino, e sarà presentabile solo da soggetti con un ISEE fino a 50.000 euro, e fino ad esaurimento dei fondi.
Come fatto finora, il Centro di Psicoterapia Scaligero si incaricherà di aggiornare gli utenti per tempo rispetto alla possibilità di richiedere e ottenere il Bonus.
Ciao a tutti, come anticipato nei miei post precedenti sono reduce da una formazione sull’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), una delle terapie di terza generazione. L’ho trovata molto interessante e sicuramente molto utile. Continuerò a studiarla e presto comincerò ad applicarla nella mia pratica clinica.
Per introdurre anche a voi lettori questo approccio terapeutico, vorrei consigliare quest’opera divulgativa che è rivolta sia a chi sta facendo un percorso terapeutico, sia a chi semplicemente desidera migliorare il proprio stato interiore. Il libro s’intitola “La trappola della felicità” e l’autore è Russ Harris, uno dei fondatori dell’ACT.
La ricerca della felicità è uno scopo che accomuna tutti gli esseri umani. Steven C. Hayes, psicologo, ha individuato i miti principali sulla felicità (2008). Che cosa è un mito? Dalla definizione del dizionario Treccani: una narrazione di particolari gesta compiute da dei, semidei, eroi e mostri. Il mito può offrire una spiegazione di fenomeni naturali, legittimare pratiche rituali o istituzioni sociali e, più genericamente, rispondere alle grandi domande che gli uomini si pongono. Caratteristica essenziale del mito è che esso si sia diffuso oralmente prima di essere scritto, e che si perpetui nella tradizione di un popolo.
Le principali affermazioni sulla felicità che si sono tramandate per secoli e generazioni sono le seguenti:
La felicità è una condizione naturale di tutti gli esseri umani;
Se non sei felice hai qualcosa che non va;
Per avere una vita migliore dobbiamo sbarazzarci dei sentimenti negativi;
Dovresti essere capace ciò che pensi e ciò che provi.
A questo punto provo a porvi qualche domanda su cui riflettere: “Chi non ha mai pensato qualcuno di questi miti?” Ammettiamolo, chi più e chi meno ci abbiamo creduto tutti e probabilmente ci crediamo ancora.
Ma se abbiamo fondato il nostro modo di vivere su questi miti e invece alla fine risultassero falsi e fuorvianti?
Che succederebbe se ci accorgessimo che tutti i nostri sforzi per raggiungere la felicità ci portassero invece sofferenza?
E se invece di cercare la felicità intesa come “sentirsi bene”, cercassimo di costruirci una vita piena e degna di essere vissuta?
Questo libro ha proprio l’obiettivo di osservare questo argomento da un altro punto di vista e di invitare i lettori a sperimentare modi diversi di approcciare ai nostri stati mentali. Se leggerete questo libro forse la proposta su come gestire le emozioni vi sembrerà del tutto nuova, diversa, magari anche strana e assurda ma sappiate che si basa su numerosissime ricerche scientifiche che ne garantiscono la validità, fondatezza e affidabilità. Vi invito quindi ad avere un atteggiamento curioso e aperto e a provare a mettervi in gioco e forse scoprirete anche voi un nuovo modo di vivere e gestire le vostre emozioni.
A presto con un altro argomento e come sempre…..RESTATE CONNESSI!
E’ arrivato l’attestato della mia partecipazione al corso “Il manuale del terapeuta ACT”.
Il corso è stato davvero interessante e sicuramente vi parlerò nei miei prossimi post della terapia ACT perchè la trovo molto utile, sia per chi avesse bisogno di un percorso terapeutico, sia per coloro che semplicemente vorrebbero migliorare alcuni aspetti della loro vita interiore.Lo sguardo sui problemi/disturbi e la metodologia di questa terapia li trovo innovativi, utili ed efficaci. Ne sono rimasta molto colpita e sto continuando a studiare diversi manuali e ad approfondire l’argomento per poterla utilizzare poi con i pazienti.
A breve consiglierò anche qualche lettura introdutt iva e divulgativa in proposito così che possaite tutti farvi un’idea.
Il Centro di Psicoterapia Scaligero augura a tutti di trascorrere una Pasqua serena.
Speriamo che il meteo sia clemente e ci permetta di trascorrere del tempo all’aria aperta che fa tanto bene al corpo e alla mente. Diamo il via allora a passeggiate, biciclettate, escursioni, visite, pic nic e quantaltro con le famiglie o con gli amici. Insomma prendetevi, se potete, del tempo libero e passatelo come preferite ma in modo da ristorarvi e ci risentiamo presto.
come molti già sapranno nell’ultimo Decreto Milleproroghe è stato inserito il bonus psicologo. In un post precedente, che potete andare a rileggere, avevo spiegato in cosa consiste.
In sintesi si tratta di un voucher del valore di 600 euro di validità annuale che può essere speso, da coloro che ne faranno richiesta, per accedere ad un percorso di psicoterapia presso psicoterapeuti privati regolarmente iscritti all’albo. Chiaramente la cifra stanziata non copre le spese di un intero percorso ma vuole essere un aiuto almeno in fase iniziale.
Il fatto è che molti mi chiedono quando e come potranno far richiesta del bonus.
Purtroppo bisogna aspettare il decreto attuativo perché entri in vigore e si parla di una data tra Aprile e Maggio. Dopodiché saranno anche spiegate dal Ministero competente quali saranno le modalità per far richiesta.
È stato anticipato che servirà un certifico del medico di base che attesti la necessità del paziente di iniziare un percorso di psicoterapia.
In attesa quindi di nuovi sviluppi e info più precise vi ricordo che l’equipe del Centro di Psicoterapia Scaligero si rende disponibile ad accettare pazienti che usufruiranno del bonus psicologo perciò RESTATE CONNESSI!
oggi vi vorrei parlare delle terapie di terza generazione e spiegare quali sono, in cosa consistono, a cosa servono e come vengono utilizzate.
DEFINIZIONE
Le terapie di terza generazione sono nuove forme di psicoterapia che si evolvono dalla terapia cognitiva standard. Alcune di queste sono: l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT, Hayes, 1999), la Dialectical Behavior Therapy (DBT; Linehan, 1993), la Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT; Segal, Williams, & Teasdale, 2001), la Metagognitive Therapy (MCT; Wells, 2000), la Compassion Focused Therapy (CFT; Gilbert 2007a, 2010).
SCOPO
Lo scopo di queste terapie è capire gli schemi di pensiero che mantengono attivate quelle emozioni che generano sofferenza con conseguenti sintomi e disagio psicologico. In sintesi, piuttosto che focalizzarsi sulla riduzione dei sintomi, questi interventi mirano a modificare i processi che mantengono gli stati psicologici presentati e la relazione dell’individuo con questi. L’obiettivo finale è aumentare la flessibilità psicologica, per diventare più consapevoli e aperti verso le nuove esperienze.
METODOLOGIA
Per costruire alternative mentali e comportamentali più ampie, flessibili ed efficaci le terapie di terza generazione si basano sull’uso di esercizi esperienziali o attentivi che favoriscano l’accettazione, e l’apertura all’esperienza. Le terapie di generazione sono più contestuali ed esperienziali rispetto alla terapia cognitiva standard, quindi sono meno teoriche. Le strategie di elezione per operare il cambiamento e implementare il benessere psicologico sono l’accettazione, lo spostamento dell’attenzione e la pratica della mindfulness.
EVIDENCE BASED MEDICINS
Tutte le terapie di terza generazione sono supportate da studi scientifici che ne attestano l’efficacia. Esistono numerosi studi di letteratura dai quali è possibile inferire i numerosi benefici che derivano dalla pratica di queste terapie.
Spero di essere stata abbastanza chiara ed esaustiva. In futuro vi parlerò più approfonditamente di ognuna di queste terapie. Nel frattempo RESTATE CONNESSI!
questo sabato pomeriggio condurrò un incontro a Verona con ragazzi tra i 17 e i 18 anni sul tema dell’ansia.
Gli argomenti che verranno trattati sono:
– le emozioni
– paura/ansia e le sue caratteristiche
– quando l’ansia diventa un problema
– che fare in caso di problemi o disturbi d’ansia
No panic non vuole essere una lezione frontale didattica ma un approfondimento del tema basato sull’interazione, sullo scambio di opinioni e conoscenze e su attività esperenziali.
Chiunque fosse interessato a proporre ed organizzare incontri divulgativi su questo o altri temi di psicologia può contattarci.
Nel mio prossimo post vi racconterò eventuali aspetti salienti che energeranno dall’incontro con i ragazzi. Restate connessi!
Ciao a tutti, da giorni si è diffusa la notizia che è stato approvato il bonus psicologico.
Il bonus arriverà a 600 euro all’anno e potrebbe riguardare circa 18mila persone: sarà parametrato in base all’Isee, con il tetto massimo fissato a 50mila euro puntando a favorire i redditi più bassi. In tutto vengono stanziati ulteriori 20 milioni nel 2022, di cui metà per finanziare il bonus e l’altra metà per il reclutamento di professionisti per combattere il disagio mentale legato alle conseguenze del Covid.
Certo non è la soluzione ottimale, certo si potrebbe fare di più e meglio vista la diffusione di disagio psicologico a seguito della pandemia, ma è comunque un piccolo e temporaneo passo.
Di conseguenza invito tutti coloro che avessero necessità e si trovassero in condizioni economiche tali da non poter sostenere la spesa di un percorso di sostegno psicologico o terapeutico ad informarsi su come poter accedere a questa opportunità.
Nel malaugurato caso qualcuno non riuscisse ad accedere a tali fondi, ricordo comunque che esiste un’alternativa: la psicoterapia solidale. Se foste interessati a capire di cosa si tratta vi invito a contattarci per avere informazioni.
Non arrendetevi a cercare un aiuto e mi raccomando restate connessi!
Ciao a tutti, continuo la rassegna di post di riflessione e confronto tra la scuola di fine ‘800 e quella di oggi, prendendo spunto dal libro “Cuore” di E. De Amicis. Qualche articolo fa avevo anticipato che avrei parlato delle life skills, di come se ne parla nel libro citato e di come possono essere apprese nella scuola di oggi.
Cosa sono le life skills? Con questo termine si intende un insieme di abilità o competenze che si apprendono durante l’infanzia/adolescenza e che sono necessarie per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana.
Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) le life skills stimolano l’assunzione di responsabilità per la propria salute e potenziano le competenze psico-sociali e per tale motivo sono utili a prevenire problemi di tipo sanitario e comportamenti negativi o a rischio.
Le life skills possono essere innumerevoli, tuttavia l’OMS ha individuato un nucleo fondamentale di skills per la promozione del benessere di bambini e adolescenti: decision making, problem solving, creatività, senso critico, comunicazione efficace, abilità relazionali, autocoscienza, empatia, gestione delle emozioni, gestione dello stress.
Tali abilità possono essere insegnate attraverso l’apprendimento e la pratica. Nel libro Cuore è di nuovo il racconto il veicolo fondamentale per trasmettere tali competenze. I racconti mensili di cui è costellato il libro sembrano avere proprio questa funzione. Prendiamo ad esempio il racconto “Dagli Appennini alle Ande”: vi accorgerete che in questo racconto il protagonista si trova a prendere delle decisioni importanti, a risolvere diversi problemi, a relazionarsi e comunicare con persone diverse e straniere, a gestire eventi stressanti nonché le sue emozioni e spesso riesce ad entrare in empatia anche con gli estranei. Insomma in un racconto di poche pagine si trovano riferimenti alla maggior parte delle life skills e il protagonista del racconto diventa un modello apprendimento e utilizzo delle stesse.
Ma nella scuola di oggi vengono apprese le life skills e se sì come?
Diversi studi evidenziano che i giovani non siano sufficientemente equipaggiati delle skills necessarie per affrontare le richieste e gli stress che incontrano nel loro percorso di crescita e i meccanismi tradizionali attraverso cui si apprendevano tali competenze non funzionino più adeguatamente di fronte alla complessità creata dai profondi cambiamenti sociali e culturali come ad esempio l’avvento dell’era digitale e l’integrazione di etnie diverse.
Una possibile risposta è l’inserimento di specifici programmi di life skills education all’interno del percorso scolastico condotti da personale specializzato come gli psicologi.
Queste esperienze esistono e quando vengono applicate danno prove di utilità e efficacia, io stessa ho avuto la possibilità di condurre tali programmi in alcuni istituti scolastici con grande soddisfazione di alunni, insegnanti e genitori.
Fin qui tutto bene allora, penserete. E invece purtroppo devo deludervi perché se è vero che questi programmi ci sono, è anche vero che avrebbero bisogno di essere integrati nel piano scolastico di ogni grado di scuola, che dovrebbero avere una continuità temporale, che dovrebbero essere stanziati fondi per garantire questa continuità e che dovrebbero essere gestiti da personale competente che si integra e collabora quotidianamente con il resto del personale scolastico.
Purtroppo le cose non stanno così. Ancora questi progetti sono eventi sporadici e frammentari. Non fanno parte del piano scolastico perché si dà ancora troppo poco spazio alla prevenzione e alla costruzione di interventi a lungo termine di carattere generale. Non vengono stanziati fondi sufficienti per interventi di così ampio respiro anche se professionisti competenti sarebbero disponibili. Non c’è ancora sufficiente interesse per questi temi, i problemi che ne derivano non sono ancora largamente sentiti oppure se anche se si manifestano, si tende a rispondere solo con interventi di emergenza, mirati e a breve termine.
Insomma si tende a tamponare i problemi piuttosto che costruire dei percorsi di crescita per bambini e ragazzi graduali, continuativi ed efficaci. È un vero peccato. Nel mio piccolo cerco di spiegare e condividere che cosa significa davvero prevenzione ma mi rendo conto che non è sufficiente. Serve che una visione più ampia e un modo diverso di affrontare i problemi sia condiviso da tutti. Allora proviamo a condividere questo pensiero e nel frattempo………..restiamo connessi!
Ciao a tutti, continuo la rassegna di post di riflessione e confronto tra la scuola di fine ‘800 e quella di oggi, prendendo spunto dal libro “Cuore” di E. De Amicis. Nel mio precedente articolo avevo promesso che avremmo parlato di modeling.
Cosa si intende col termine modeling? Albert Bandura, noto psicologo, evidenziò come l’apprendimento potesse avvenire attraverso esperienze indirette, sviluppate attraverso l’osservazione di altre persone. Bandura ha adoperato il termine modeling (imitazione) per identificare un processo di apprendimento che si attiva quando il comportamento di un individuo che osserva si modifica in funzione del comportamento di un altro individuo che ha la funzione di modello. Quindi il comportamento è il risultato di un processo di acquisizione delle informazioni provenienti da altri individui.
Nel libro Cuore quasi in ogni paragrafo un personaggio funge da modello di comportamento per gli altri personaggi presenti nella storia, partendo dagli adulti, come i maestri e i genitori, fino ad alcuni bambini che compiono qualche azione speciale. Inoltre ci sono una serie di racconti, dal “piccolo scrivano fiorentino” alla “vedetta lombarda” che hanno proprio la funzione di offrire dei modelli educativi da imitare.
In questo libro, il racconto delle storie e delle vicende di personaggi esemplari è lo strumento principe per educare i nuovi italiani. E. De Amicis scrive il libro Cuore per divulgare valori e modelli e questo libro viene adottato nella didattica scolastica per decenni con l’intento di promuovere sia negli adulti, che dovevano fare da esempio, che nei bambini e ragazzi che dovevano apprendere, stili di comportamento civili e adeguati ai vari contesti di vita.
Nella mia esperienza di scolara le cose sono andate proprio così ma il modeling non si limitava al contesto scolastico. Non solo genitori e insegnati erano adulti autorizzati ad educarmi ma ogni adulto che incontravo era un potenziale modello di comportamento da cui apprendere, dai vari membri della famiglia, agli allenatori sportivi, ai genitori dei miei amici, ai vicini di casa. Insomma la società per intero, esclusi ovviamente gli esempi diseducativi, assumeva su di sé il compito di educare le nuove generazioni.
Oggi è ancora così? Noi adulti ci sentiamo investiti di questo compito o abbiamo abdicato, delegato o limitato tale ruolo? Me lo domando perché nella mia esperienza professionale mi capita di imbattermi in casi diversi: persone che sostengono che dovrebbe essere solo la scuola deputata all’educazione, persone che sostengono che dovrebbe essere un compito esclusivo dei genitori, persone che delegano comunque ad altri l’educazione delle nuove generazioni. Sto parlando di casi ovviamente, non in generale, ma non vorrei che questi casi fossero il segnale di un problema più vasto ecco perché pongo queste domande. E se la risposta fosse che non è più l’intera società a sentirsi investita del ruolo educativo ma solo alcune persone, siamo sicuri che i giovani incontrino nel loro percorso di crescita sufficienti modelli di comportamento? Chi si occupa insomma di insegnare loro le life skills?
Le life skills, un altro interessante argomento di cui vi parlerò nel mio prossimo articolo. Per ora di lanciato una bella “patata bollente”, un quesito non facile a cui rispondere ma a me basta che ci si rifletta almeno un poco. Il mio intento come sempre è di introdurre degli argomenti di psicologia e lasciare a chi legge qualche spunto di riflessione senza la pretesa di avere la soluzione in tasca. Meditate quindi gente, meditate e se lo desiderate esprimete le vostre opinioni. Al prossimo post e restate connessi!