come sempre torno a parlavi di ansia e oggi vorrei darvi qualche dato epidemiologico per farvi capire quanto i disturbi d’ansia sono prevalenti nel mondo e in Italia.
Una persona su tre nel mondo soffre di qualche disturbo mentale e tra il 20% e il 30% della popolazione soffre di disturbi d’ansia. Inoltre vi è una prevalenza doppia delle donne rispetto agli uomini e i sintomi in media sorgono prima dei 25 anni d’età.
I dati italiani oggi sono perfettamente in linea con quelli internazionali.
Secondo la ricerca ANSA del 2024 e il recente Rapporto di Salute Mentale del Ministero della salute, 16 milioni di italiani lamentano disturbi psicologici di media o grave entità e l’ansia si conferma tra le problematiche più diffuse, in particolare nelle donne e nei giovani.
E’ importante considerare i dati relativi ai giovani tra i 18 e i 25 anni.
Secondo il World Mental Health Day Report, il 54% dei giovani italiani ha riferito di aver vissuto episodi di stress tali da non poter svolgere le normali attività quotidiane come lavoro e scuola.
Secondo il Rapporto Censis del 2022, il 49,4% dei giovani italiani ha dichiarato di aver sofferto d’ansia.
Questi sono dati significativi e purtroppo in continuo aumento. Per questo motivo è importante prestare attenzione ai sintomi d’ansia che possono presentarsi sin dalla più giovane età e, se persistono nel tempo, rivolgersi ad un medico o psicologo per una valutazione diagnostica in modo da poter intervenire tempestivamente. Spesso i primi sintomi vengono sottovalutati e ignorati con il rischio di un peggioramento e una cronicizzazione del disturbo.
Per ora mi fermo qui ma ci rivediamo la prossima settimana con un nuovo video sempre sul tema dell’ansia. A presto e restate connessi!!!
Riflessioni sulla puntata del 15/10/2018 di Presa Diretta: Iperconnessi!
Viviamo nell’era digitale e siamo costantemente connessi alla rete attraverso l’uso dei devices: smartphone, tablet e pc. E’ un fenomeno generalizzato e inarrestabile oramai, ma ci siamo mai fermati a riflettere seriamente sull’impatto che ha questo nuovo stile di vita, in particolare sui giovani d’oggi, quelli che vengono definiti i nativi digitali?
Sabato scorso mi sono imbattuta in una interessante inchiesta di Presa Diretta sulle conseguenze dell’uso delle nuove tecnologie. Consiglio a tutti di vedere l’intera puntata per capire le conseguenze di questo fenomeno sul funzionamento del nostro cervello. Tuttavia ho deciso di proporvi solo un breve passaggio dell’intero video per riflettere con voi su cosa sta accadendo ai giovani di oggi.
Nell’intervista parlano un’insegnante di un liceo e, a seguire, una scrittrice che ha studiato il fenomeno nelle nuove generazioni. Se penso ai giovani con cui mi rapporto nell’ambito della mia professione, mio malgrado devo concordare con quanto raccontano. Quando lavoro a scuola con questa fascia d’età mi scontro con le stesse difficoltà: problemi di lettura, scrittura, comprensione del testo e non sto parlando di ragazzi con disturbi dell’apprendimento, ma di ragazzi normali.
Quando chiedo agli alunni di leggere un testo, la prima lamentela riguarda la lunghezza, anche se il testo non supera una facciata. Poi quando leggono, la lettura spesso risulta lenta, stentata, piena di errori. Già da questo si può capire che non sono abituati a leggere. Se chiedo quale sia la lettura preferita di solito la risposta è: nessuna. Non leggono. Ora non voglio sostenere che quando ero ragazza io si leggessero carrettate di libri, anzi. Credo che in ogni epoca siano rari i ragazzi che si appassionano alla lettura. Quando ero giovane si preferiva uscire a giocare con gli amici, oggi i ragazzi preferiscono chattare e navigare nella rete. Tuttavia qualcosa all’epoca mia si leggeva, fossero anche solo fumetti e libri per ragazzi e poi c’era la scuola che ti obbligava a leggere dei libri. La didattica scolastica contemporanea è cambiata e solo in qualche caso ho incontrato insegnanti che chiedono ancora la lettura di libri per intero. Molto più spesso gli alunni leggono solo brani o stralci di un testo. La didattica scolastica è diventata smart?
La scrittura: concordo sul fatto che ormai pochissimi scrivono usando il corsivo e la calligrafia, detta anche bella grafia, è rara. La punteggiatura non esiste e spesso vengono usati simboli o parole contratte nello stile dei messaggi, come ad esempio xkè, xò, cmq…. Non parlo neanche degli errori di ortografia. Leggere un testo scritto in questo modo diventa un’impresa estenuante per quanto tempo ci devi mettere a decifrarlo e a comprenderlo. Ogniqualvolta ho fatto notare ad un ragazzo la mia difficoltà nel leggere e comprendere un suo testo, sono stata guardata come un aliena e come se fosse colpa mia che non capivo. E’ come se questi ragazzi dessero per scontato che l’interlocutore li capisca e che quindi non sia necessario porsi il problema e impegnarsi per farsi capire.
La comprensione del testo credo sia la parte più deficitaria, tra tutte. Acquisire delle informazioni tramite ascolto o lettura, elaborarle e riuscire poi a riprodurle in un discorso di senso compiuto per molti sembra un compito estremamente difficile. Se l’attenzione dura ormai lo spazio di meno di un minuto è logico che le informazioni saranno scarse e frammentate ed è altrettanto logico che la riproduzione di quanto appreso si trasformi o nella sintesi, della sintesi, della sintesi di ciò che era in origine oppure in qualcosa di inventato perché integrato con altre informazioni presenti nella testa dei ragazzi. Il punto è che nessuno di questi esiti è buono. Non si può ridurre tutto ad un twitter o ad una fake news.
E vi siete chiesti cosa resta di queste informazioni in memoria? E sapete a cosa serve la memoria? Di questo ulteriore passaggio potrebbe essere utile riparlarne in maniera più approfondita. Per ora vi lascio riflettere sui 3 aspetti appena descritti, che mi sembra già molto. Non voglio lasciarvi con un’aria di pessimismo su questo argomento, perciò vi informo che ci sono tantissime ricerche in atto e che moltissimi esperti, tra medici, neuroscienziati, filosofi, psicologi e anche altri professionisti, si stanno adoperando per comprendere questo recente fenomeno e trovare delle soluzioni. Nel frattempo anche noi nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa per limitare i danni: possiamo informarci sulle conseguenze dell’uso dei dispositivi tecnologici, possiamo cercare di ridurre per quanto possiamo il tempo di esposizione ad essi, possiamo dedicarci ad attività alternative che ci consentano tempi più lenti e rilassati e che sviluppino capacità diverse del nostro cervello.
Sabato scorso ho partecipato al convegno “I giovani e i disagi della sessualità”. Le relazioni sono state tutte molto interessanti e ricche di spunti per il futuro. Prossimamente vi parlerò degli argomenti che mi hanno colpito di più. Buon inizio settimana a tutti!